Siamo stufi della donna soprammobile

Anni fa vidi un breve filmato, un documento storico in bianco e nero, di pessima qualità, datato tra gli anni ’50 e ’60, gli anni della RAI abbottonata, che sarà in seguito sconvolta nella sua compostezza da un ombelico scoperto (quello di una donna), il video mostrava un dibattito tra alcuni uomini con capelli leccati e unti di brillantina con la sigaretta fra le dita, che sorridevano divertiti ascoltando una donna dai capelli corti e chiari che trattava tematiche spinose per quei tempi quali: divorzio, aborto ed emancipazione femminile.

Ciò che mi colpì fu la pacatezza stoica della donna nel rispondere a delle domande e a delle argomentazioni anche un po’ maschiliste del presentatore e degli ospiti. Sebbene fosse continuamente derisa, perché ritenuta ingenua nella sperare cambiamenti così poco morali e radicali quali l’aborto o il divorzio, restò british nel comportamento, per tutta la durata del dibattito, dimostrando una estrema padronanza di sé ed in primo luogo degli argomenti. Certa che la sua richiesta di una maggiore libertà, di una più ampia gamma di scelte possibili, fosse più che legittima e soprattutto vincente.

La crisi dei ruoli tradizionali dei sessi fortunatamente non inizia col ‘900, ma si ha già dell’800 con la Belle Epoque. Durante il XX secolo ed attraverso battaglie agguerrite, il ruolo della donna nella società è cambiato molto, si è evoluto anche grazie ad una sempre maggiore considerazione della stessa come di un individuo e non come di un oggetto che si trasferisce dal padre al marito previa assegnazione di una dote, neanche fosse un assegno.

A questo punto si entrerebbe nel merito della questione dei matrimoni per ragion di Stato nel medioevo e per ragioni economiche subito dopo il 1500.

Anche se nel ‘900, grazie alle innumerevoli lotte e battaglie vinte, conosciamo una radicale trasformazione del ruolo della donna, non si deve dimenticare che, durante il Ventennio, il ruolo femminile subisce un’involuzione, un ridimensionamento, un’inquadratura. E così la donna si vede relegata a semplice moglie/madre/casalinga.

È una visione che viene da subito veicolata dalla televsione di propaganda fascista con le cosiddette commedie dei telefoni bianchi. E l’idea di casalinga giuliva ed operosa resta radicata molti anni dopo Piazzale Loreto; si pensi a Carosello e a Mike Buongiorno che pubblicizza le lavatrici e i ferri da stiro con lo slogan per la moderna donna della casa. Sì, è moderna, ma resta pur sempre della casa.

Fortunatamente alla fine del secolo breve le donne intraprendono qualsiasi carriera e sono ad esempio imprenditrici di successo, come la Marcegallia, Presidentessa di Confindustria, sindacato degli imprenditori e degli squali (di ambo i sessi).

I papà, dal canto loro, per par condicio diventano ottime baby-sitter.

Fermandoci in Italia, però, notiamo che, secondo le statistiche, le donne percepiscono una minore retribuzione a parità di mansioni svolte (questo già dalla fine dell’Ottocento) ed hanno una maggiore difficoltà nel trovare lavoro. Difficoltà intesa in senso stretto, ossia a parità di qualifiche nei curricula il datore di lavoro statisticamente assume più volentieri l’individuo di sesso maschile.

Basta che non si tratti di un posto come segretaria o di un ministero senza portafoglio come ambiente, pari opportunità, giovani, allora entrerebbero o scenderebbero in campo altre qualifiche avvantaggianti.

Un altro tipo di resistenza che il nuovo modello femminile incontra è il tradizionalismo che, barricato nel suo fortino di bacchettoneria, dà prova del fatto che il medioevo è imperante.

C’è chi crede nel ruolo malvagio della donna come seduttrice maligna, neanche a dirlo, Eva prima fra tutte. Cristiani. Cristo in realtà era una donna.

Non ci si crederebbe se non lo si vedesse coi propri occhi, si tratta di un dissenso espresso in internet da un esiguo gruppetto (gli unici che osano tradurre in parole quanto pensano?) in occasione della festa della donna, testa d’uovo primo fra tutti su Youtube.

Ma il fronte per la parità dei sessi si può far forte di innumerevoli personalità illustri, a partire dalle suffragette fino a Rita Levi Montalcini e anche individui del genere opposto quali ad esempio Piergiorgio Odifreddi o Pannella, sono innumerevoli lo ripeto.

La Montalcini è da sempre tra le combattenti prima linea per la parità dei sessi. Ha sfatato il mito che voleva l’uomo più capace nelle scienze rispetto alla donna. Ed è di qualche settimana fa la dichiarazione dell’insigne professore Umberto Veronesi il quale, durante la cerimonia per la consegna di cinque borse di studio a cinque studentesse vincitrici, ha detto non c’è nessuna differenza, questi premi lo dimostrano per l’ennesima volta,  non è vero che gli uomini sono più portati delle donna in ambito matematico, scientifico, tecnologico o delle scienze in generale e per fortuna!.

Anche in ambito letterario sono moltissime le scrittrici che hanno raggiunto il successo. Del Novecento, però, quelle che maggiormente si sono rese interpreti della crisi sociale dei ruoli inseriti nella società sono senz’altro Sylvia Plath e Virginia Wolf.

Quest’ultima nei suoi romanzi presenta spesso una donna incatenata al suo ruolo, che cerca di liberarsi e cerca anche di esprimere liberamente la sua sessualità divincolandosi dall’idea di donna come strumento di piacere o macchina per partorire.

Oggigiorno pare quasi che esistano due femminilità, come se nel tempo la donna si fosse sdoppiata e fosse rimasta da una parte oggetto dell’uomo, basti pensare alle ragazzi di Drive-in, per riprendere l’esempio televisivo, dall’altra soggetto di se stessa.

È quest’ultima l’idea che la scrittrice V. Wolf voleva liberare, far volare e si auspicava sormontasse la prima.

E anche se alla fine una delle protagoniste di Mrs Dalloway, relegata in campagna, si suicida dopo aver tentato la fuga con un treno per Londra aspirando alle vibranti scosse della Capitale, per raggiungere una maggiore emancipazione dal marito e da se stessa, dal ruolo che gli è rimasto incollato addosso, non si pensi al suicidio come a qualcosa di riprovevole, anzi, forse è proprio quel atto che permette alla protagonista di sperimentare la propria libertà.

Arrivati fino a questo segno, dopo aver scandalizzato Lucia Mondella, non possiamo però sostenere che attualmente si sia risolto il complesso problema della concezione della donna-oggetto (programmi televisivi in prima serata a parte), in favore della sempre più prevalente visione di una donna che è soggetto, individuo a sé stante, che non deve dipendere dagli uomini o da essi essere compatita. D’altra parte grazie alla costantemente crescente parità dei sessi è possibile constatare come in molti casi venga, da qualche decina d’anni, veicolata un’idea nuova, soprattutto in televisione, di appetibile uomo-oggetto.

Una gran consolazione.