Da dove vengono i soldi delle sentinelle in piedi?

Il giorno 25 ottobre 2013 il marchio “Sentinelle in Piedi®” viene depositato presso l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi dal sig. Rivadossi Emanuele, che ha eletto domicilio presso la società Jacobacci & Partners S.p.A. di Torino. Presso quello studio di consulenza presta opera in qualità di “partner” Massimo Introvigne, reggente nazionale vicario di Alleanza Cattolica.
La notizia è riportata da un quotidiano online di dichiarato orientamento cristiano cattolico, per nulla a favore del matrimonio tra persone dello stesso sesso.

Il sito riscossacristiana.it appunto pubblica una mail privata di Introvigne, la quale mail risponde a un articolo precedente dello stesso sito cristiano. Nell’articolo i cristiani lamentano delle insolite e ingiustificate ingerenze dall’alto sulle modalità di svolgimento delle manifestazioni delle sentinelle in piedi. È inoltre presentata la possibilità dell’esistenza di società non dichiarate atte a finanziare e manovrare qualcosa che viene in realtà spacciato alla stampa e ai passanti come qualcosa di “spontaneo, manifetsato dal basso, nato attraverso il passaparola”. Ecco la velocissima risposta di Massimo Introvigne a seguito della pubblicazione dell’articolo.

Il giorno 13 abbiamo pubblicato l’articolo “Qualcuno vuole impadronirsi delle Sentinelle in Piedi?”. Nel cuore della notte tra ieri e oggi ci è arrivata una mail da Massimo Introvigne. Eccola qua:

Vi scrivo a nome della nostra cliente società Jacobacci & Partners S.p.A. oltre che mio personale.
Presa visione dell’articolo «Qualcuno vuole impadronirsi delle Sentinelle in piedi?» pubblicato sul vostro sito, che contiene informazioni fattualmente false sul sottoscritto e sulla società Jacobacci & Partners S.p.A. – società di deposito e gestione di brevetti e marchi, da non confondersi con lo Studio Legale Jacobacci & Associati, che ha soci diversi ed è appunto uno studio di avvocati associati -, vi invito a precisare con urgenza che:

1, La società Jacobacci & Partners (già Casetta, poi Jacobacci-Casetta) è stata fondata nel 1872, non nel 1996.

2. Per ovvi motivi, non posso avere fondato una società nata oltre ottant’anni prima della mia nascita.

3. Per chiunque conosca anche solo per sentito dire il mondo della proprietà intellettuale in Italia, presentare una società multinazionale con sedi in quattro Paesi, centinaia di dipendenti e decine di migliaia di brevetti e marchi in gestione come una sorta di «proiezione» del sottoscritto, il quale si occuperebbe minutamente dei singoli depositi di marchio, appare – più che assurdo – ridicolo.

Con i migliori saluti
Studio Legale Jacobacci & Associati
Massimo Introvigne

– – –

Questa risposta, più che una presa di distanza dall’articolo è parsa una ammissione di colpevolezza allo stesso Paolo Deotto di Riscossacristiana, che risponde:

– La Jacobacci & Partners SpA e lo Studio Legale Jacobacci & Associati (che sono stati confusi nell’articolo) hanno lo stesso indirizzo civico a Milano, Torino, Roma, Parigi e Madrid, come si può facilmente verificare al link[3] Quindi era facile sbagliarsi e rettificheremo il sottotitolo scrivendo “Ci siamo stupiti non poco quando abbiamo constatato che la dicitura “sentinelle in piedi” è stata depositata come “marchio” presso l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi del ministero dello Sviluppo Economico. La domanda di registrazione è stata presentata dal sig. Rivadossi Emanuele, che ha eletto domicilio presso la società Jacobacci & Partners S.p.A. di Torino, uno studio di consulenza. Presso questa Società presta la sua opera in qualità di “Partner” Massimo Introvigne, reggente nazionale vicario di Alleanza Cattolica.

– l’amico Massimo Introvigne mi fa dire cose che non ho mai detto. Dove mai ho scritto che la Società di sì ragguardevoli dimensioni (e faccio i miei complimenti. Bravi!) è una “proiezione” di Introvigne? Poiché io non ho detto queste cose, mi viene solo in mente un antico adagio latino derivante dalla mia modesta monolaurea: “Excusatio non petita… “ eccetera, il resto lo sappiamo. 

Si riferisce al detto che spiega come difendersi da qualcosa che non è mai stato nominato possa rivelarsi alla fine una auto-accusa indiretta. Viene spesso utilizzato come trucchetto per svelare l’assassino nelle trame di alcunI gialli scadenti.

Le perplessità che restano sono sottolineate dallo stesso Paolo Deotto:

1. una persona di Brescia decide di depositare il marchio delle “Sentinelle in Piedi”. Benissimo. Resta da capire perché se ne vada fino a Torino per fare un’operazione che non è davvero tanto complessa e che non penso che si possa effettuare solo a Torino. Tra Brescia e Torino c’è un po’ di distanza: km. 205,09 in linea d’aria e km. 230 per strada.

2. Questo signore arriva a Torino e sceglie, per depositare il marchio, una società “multinazionale con sedi in quattro Paesi, centinaia di dipendenti e decine di migliaia di brevetti e marchi in gestione”. Vuole andare sul sicuro, con professionisti in gamba. Bene.

3) In questa Società opera, in qualità di partner, proprio il dott. Massimo Introvigne, reggente nazionale vicario di Alleanza Cattolica. Il fatto può essere puramente casuale, non c’è dubbio.

4) Nulla ci autorizza a vedere chissà quali trame oscure per quanto esposto nei punti 1, 2 e 3.

Sono già abbastanza esplicative le perplessità del portavoce di riscossacristiana ma non è tutto.

Nei commenti c’è la testimonianza -seppur non verificabile- di Rita, una fervente cattolica che ha contribuito alla nascita delle Sip, come le chiama lei in gergo amicale, a Genova, ci spiega tutto:

«Che al Timone delle Sentinelle in Piedi ci sia Alleanza Cattolica e’ assolutamente vero. A Genova chi comanda il gruppo delle SiP (e non permette alcuna suddivisione dei compiti ne’ alcuna dialettica interna) e’ un manipolo di aderenti ad Alleanza Cattolica. Lo so perché ho contribuito alla nascita del gruppo di Genova.
I membri di Alleanza Cattolica sono comparsi solo dopo qualche riunione: avevano mandato avanti un’altra persona che si è autoproclamata portavoce unico. Ci hanno detto che non era necessaria alcuna organizzazione interna e chi chiedeva di discutere col gruppo le iniziative da assumere, democraticamente (essendo semplici cittadini pensavamo di poter utilizzare strumenti democratici), è stato accusato di voler dividere il gruppo e che in ciò era in azione niente meno che il diavolo.»

In un altro commento si vocifera che «Il portavoce milanese delle sentinelle è il figlio del responsabile in Lombardia di Alleanza Cattolica.»

Sulla base di queste informazioni, alla base del movimento delle sentinelle in piedi, che ricordo si autoproclama aconfessionale, è forse lecito dedurre un grande movimento di denaro proveniente da Alleanza Cattolica. È ilare che si proclamino aconfessionali soltanto perché sono riusciti ad arruolare islamici estremisti tra le loro fila. Ma è ancora più ilare che accusino le associazioni di volontariato lgbt di essere una grande e potente lobby che farebbe capo -nientemeno- alle tre grandi famiglie che governano il mondo. E i Rockefeller sono sempre sulla punta della lingua. È doveroso, invece, essere molto cauti nel lanciare accuse a ritta e a manca, perché la famosa accusa di essere alla conquista del mondo, ci ricordiamo, ha portato a mostruosità indicibili.

Tutte le informazioni presenti nell’articolo sono di pubblico dominio
Link di riferimento
link1 http://gayburg.blogspot.it/2014/08/chi-e-il-proprietario-delle-sentinelle.html
link2 http://www.riscossacristiana.it/sentinelle-piedi-introvigne-scrive-riscossa-cristiana-deotto-gli-risponde/
link3 http://www.jacobacci.it/Contacts/l/I

Lesbica non è un insulto, come capirlo

L’Arcigay di Reggio Emilia La Gioconda, personificato nella divina figura di Fabiana Montanari, lo scorso giovedì 16 Aprile ha ospitato la mostra fotografica itinerante Lesbica non è un insulto! nello spazio concesso dal locale Ghirba.

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Lesbica non è un insulto è un progetto che riceve il suo originale abbrivio dalla creatività di un gruppo di ragazze lesbiche. In seguito sostenuta da crowfunding, la mostra fotografica ha di mira l’accezione negativa del termine lesbica e si propone se non di rovesciarne l’invalsa percezione, di riempire la parola di un significato positivo.

Spunto di riflessione è il grado di fissità dei ruoli di genere di una data società, nel nostro caso quella italiana.

Dato dall’intrecciarsi di diverse variabili interagenti, il ruolo di genere deve la sua viscosità all’importanza che viene attribuita dal senso comune agli agglomerati sociali di senso e significati quali la religione, le tradizioni, i “si fa così”. Il loro grado di normatività più o meno alto è stabilito dal sentire comune a proposito della loro preminenza, è insomma il discorso riguardo il meccanismo del super-io sociale, dall’inesistente grande Altro.
Mentre sta camminando Paolo si accorge d’un tratto di aver sbagliato strada. È in un luogo affollato. Paolo non si gira sui tacchi e ritorna indietro ma aspetta di raggiungere l’angolo della strada per seguire il marciapiede e ritornare indietro percorrendo una via parallela. Perché? Per Paolo, individuo debole sotto questo aspetto, la normatività del grande Altro nel non mostrasi in pubblico come stupido o imbranato ha prevalso. Il concetto di desiderabilità sociale viene tenuto da conto in molti ambiti, tra cui la psicologia sociale. E gli esiti sono paradossali, senza contare che è uno dei forti deterrenti al coming out, ma torniamo alla mostra.

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Che cosa suscita la discriminazione?

LESBICA riunisce una duplice discriminazione: sul genere e sull’orientamento.
Nel calderone dei pregiudizi e della prospettiva di divinizzazione del padre, il maschio omosessuale è responsabile di un grave peccato di rinuncia al potere del maschio, mentre il maschio eterosessuale che ha fatto suo il compito “naturale/culturale” carica se stesso di una virilità doppia nell’apprezzamento di due lesbiche. Una delle frasi dipinte sul corpo delle ragazze è infatti “il nostro amore non è un film porno”.

La parola lesbica è denotata negativamente anche per il suo frequente uso nella pornografia mainstream e nel postporno, da cui il rispettivo disuso per la fruizione quotidiana.

In tutto questo discorso che mette in chiaro il funzionamento dei pregiudizi, la donna lesbica è elemento deprivato, un -1, perché c’è la donna e c’è la donna+lesbica. E perché bisogna degradarla? Perché con il suo atteggiamento, la lesbica è come se volesse raggiungere il potere del padre e compiere ciò che la normatività del nostro padre proibisce e ostenta al contempo.

Si potrebbero abbandonare tali vecchie discriminazioni e rivendicazioni e smettere anche di insistere con la pleonastica retorica della nuova soggettività femminile, basata involontariamente e con ingenuità sulla contrapposizione, e smettere dunque di attribuire tale contrapposizione anche al termine lesbica. Perché se si dice che la lesbica è un uomo allora, per la proprietà transitiva, ogni uomo è una lesbica. Assurdo.
Ci si chiede se certe contrapposizioni old-fashion di un certo femminismo datato finiscano per leggere la lesbica come l’evoluzione del complesso di elettra che si autodetermina. Data l’invidia del pene, lesbica sarebbe l’accentuazione di un rifiuto. Farneticazioni.

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Non serve un Ph.D. per capire che lesbica è un termine riferito a un* esser* uman*. Le migliaia di caratteristiche che differiscono da individuo a individuo non sono contemplate nel termine e non dovrebbero essere aggiunte.
Il mio vissuto racconta di donne che hanno dimostrato una straordinaria capacità combattiva, specie nei confronti dei più forti, scarsa remissione, perseveranza, grande capacità di instaurare legami duraturi e profondi. E tutto questo è dipeso dall’esser* uman*, non dal pregiudizio che pretende di addobbarlo.

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Gianfranco Amato e gender kit: ma che Montecavolo dici?

Premetto a scanso di querele che tutto il post è un’opinione personale, un’interpretazione distorta dei fatti. Visto che la libertà d’espressione è uno dei valori dei giuristi per la vita, non sarà certo nel loro interesse querelare una mera opinione descrittiva di quanto accaduto. (Ho paura.)

Alberto Nicolini e Gianfranco Amato

[nella foto: Alberto Nicolini, Rappresentante Arcigay Reggio Emilia, mentre viene ripreso da moderatore e dal pubblico e incitato con veemenza a terminare la domanda]

L’episodio è l’ennesimo convegno dal titolo Genitore 1 genitore 2, non più mamma e papà[1]. La sera del 29 Gennaio, a Montecavolo Reggio Emilia, il Movimento per la Vita, il Forum delle Associazioni Familiari di Reggio Emilia, con l’adesione della Comunità Eucaristica e dell’Associazione Salesiani Cooperatori danno spazio a Gianfranco Amato, presidente dei giuristi per la vita. Lo introduce Andrea Zambrano, giornalista di Prima Pagina, un giornale reggiano di dichiarato orientamento.[2]

Il personaggio conduce una sorta di spettacolo durante il quale paventa scenari apocalittici.

Si comincia con il considerare il tentativo di introdurre l’aggravante omofobia senza definirne il presupposto. Nel DDL Scalfarotto infatti non è specificato che cosa si intenda con reato di omofobia, né è spiegato il termine omofobia stesso. Ciò porterebbe a una deriva totalitaria da parte delle interpretazioni dei giudici al momento di giudicare un atto di omofobia. Ma la soluzione non è specificare che cosa si intenda con omofobia, traendo peraltro spunto dalla giurisprudenza anche di altri paesi, ma semplicemente non approvare l’intero DDL. Forse il motivo è impedire che l’omosessualità rientri anche indirettamente in qualche forma di tutela diretta. Questo potrebbe essere uno degli esempi di omofobia da introdurre nella legge.

Il DDL estende un’aggravante penale, riservata a episodi di antisemitismo e razzismo, ai reati di omofobia, cioè motivati dall’odio nei confronti delle persone omosessuali. Ma tale precisazione istituzionale non serve perché per Amato bastano i motivi abietti e, d’altra parte, forse c’è ancora qualcuno che vuole provare repulsione verso l’omosessualità.

Quello che l’avv. Amato alla fine rivela è che, dopo il DDL, diventerà complicato impedire a qualcuno di considerare apertamente e pubblicamente l’omosessualità come un comportamento intrinsecamente disordinato e contro il diritto naturale.

Altre argomentazioni volte a spaventare la platea riguardano l’introduzione di quote arcobaleno. Il riferimento continuo è alla dittatura gender e non all’insieme di studi critici e scientifici, mai redatti sulla base di considerazioni apodittiche, riuniti al plurale come gender studies.

Il momento più bello del convegno è stato quando si è spiegata l’opera di colonizzazione delle menti che il progetto omosessualista vuole compiere all’interno delle scuole attraverso la distribuzione dei gender kit. Ogni lobbysta lgbt al momento dell’iniziazione riceve un gender kit, con all’interno letteratura omosessualista, lista di preferenze di autori, bandiere rainbow, diabolici preservativi, etc. (non è stato detto, ho indagato).

Le ass. lgbt invece che occuparsi di fare informazione e fornire supporto a situazioni di bullismo, insignificante pretesto, starebbero invece progettando un indottrinamento sistematico delle nuove generazioni attraverso l’introduzione nelle scuole di bibliografia omosessualista, sempre presente nei gender kit, della quale farebbero parte gli stranoti libretti dell’UNAR, i quali sono paragonati dal relatore alle veline fasciste, in quanto consigliano l’uso di certi termini (gay) rispetto ad altri (frociodimerda). Scherzo.

Inoltre, stando a quanto riferisce l’Avvocato Gianfranco Amato, ci sarebbero scuole dove si costringono i bambini a vestirsi da bambine e viceversa, purtroppo non ho reperito casi da citare a sostegno di questa dichiarazione, semplicemente perché tutte le notizie presenti online sono di siti e giornali di parte, allora ho chiamato personalmente la scuola in Friuli e mi è stato negato categoricamente che fosse accaduto quanto propugnato durante la “conferenza”, perciò non prendo posizione. Forse si intendeva dire nel “convegno” che in alcune scuole non è proibito per un ragazzo indossare dei pantaloni rosa.

Le fiabe che poi vengono lette sono da considerarsi il terrore di ogni genitore, il quale sarà destituito a vita, sempre secondo le linee direttive del progetto omosessualista, della possibilità di educare i figli sulla base dei suoi preconcetti. In verità, il primo ostacolo di molti ragazzi omosessuali è la famiglia, la quale, spesso anche in buona fede, non riesce ad affrontare situazioni critiche, proprio perché non ne è a conoscenza, le fiabe aiutano, alcune vite hanno subìto tanto a causa di una impreparazione generalizzata ad affrontare il tema, risparmiarlo ad altre è diabolico.

È inutile scrivere che l’intervento di Gianfranco Amato è stato un comizio parziale, ideologico, una lezione per indottrinare, con il costante presagire sovvertimenti e conseguenze catastrofiche, una pura distribuzione di terrorismo al fine di scatenare paure infondate verso un gruppo eterogeneo e trasversale di individui di estrazioni, etnie e appartenenze diverse qual è la comunità lgbt, peraltro abituata ad essere oppressa e perseguitata, a volte –ahi-noi– dai suoi stessi appartenenti.

Alla fine l’avvocato ha venduto il suo libro (dis)informazione sul gender[3] alla cifra di 15 euro cadauno.

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[1] Preciso che da sempre, anche nei licei cattolici, sul libretto scolastico è scritto firma del genitore o di chi ne fa le veci. Non è scritto firma di papà o mamma visto che le situazioni posso essere tante, una ragazza potrebbe anche stare dalla nonna, per mille motivi diversi, la vicinanza della nonna con la scuola, quanto la nonna cucini bene, la possibilità che la mamma sia deceduta e via dicendo. La polemica è ovviamente sterile, visto l’utilizzo canonico nella legge del termine genitore o procuratore.

[2] Almeno per qualcuno dichiarare l’orientamento non è considerato moralmente deplorevole

[3] Gender ancora al singolare – ma la miriade di studi diversi? Non pervenuta.

Omosessuali figli delle tenebre

per un’autentica comprensione del ruolo della famiglia nella società

CONEGLIANO: 15 marzo alle due di pomeriggio presso La Nostra Famiglia si svolgono quattro ore di convegno dal titolo Padre e Madre o Genitore 1° e 2°, promosso dal Movimento per la vita “Dario Casadei” di Conegliano, dalla Pastorale Diocesana di Treviso e Vittorio Veneto, sponsorizzato da Banca Prealpi e patrocinato dal Comune di Conegliano, giunta Zambon, la stessa che ha patrocinato il gay-pride coneglianese promosso dall’ass. Shake lgbte qualche mese prima. È presente circa una cinquantina di persone.

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Ai saluti di Don Martino, rappresentante la diocesi di Vittorio Veneto, il quale ribadisce l’esigenza di difendere la vita e la famiglia, seguono quelli di Antonio Cancian, parlamentare europeo «sono stato imbarazzato anche solo nell’aver ricevuto il volantino» ammette, perché la grafica rappresenta oltre allo stereotipo di famiglia tradizionale i due di famiglia omosessuale e prosegue «la lotta al bullismo non c’entra niente con questo sovvertimento dei canoni antropologici e biologici della differenza sessuale. […] La famiglia è una verità antropologica.»

Il sindaco Floriano Zambon leggermente criptico parla di «battaglie importanti» e di «questioni che meritano una riflessione». Così anche Bruno Nardin, ULSS7.

Gino Soldera, Presidente MpV, in introduzione dice che la teoria del gender è «un attacco alla famiglia e così alla stessa struttura sociale», un attacco all’eterosessualità.

Seguono gli interventi scientifici di Bruno Mozzanega, Ostetrico-Ginecolo dell’Università di Padova: «Nel cervello esiste il bimorfismo? Ci sono delle differenze, ma da qui a considerarle differenze nei caratteri fenotipici secondari ne passa» e di Astolfo Romano, statistico sociale che presenta a proposito del tema: verso una società senza padri e senza madri una disamina statistica non senza un gusto apocalittico.

Gian Luigi Gigli, membro della Commissione Affari Sociali alla Camera dei Deputati, entra nel merito ed espone le linee direttive del progetto omosessualista che si oppone al «progetto della procreazione». Le lobby gay internazionali sono sostenute da estese multinazionali e potenti fondazioni tra cui la Rockefeller Foundation e Goldman Sachs. Queste ultime, in accordo con il progetto, vogliono eliminare l’identità perché ultimo baluardo contro le loro logiche di dominio. Dell’identità sono tre le questioni da scardinare, la famiglia, la fede e l’identità sessuale, di queste tre mire consta l’ideologia del gender, strumento di propaganda del progetto omosessualista.

I libretti della Seibezzi per educare alla diversità sono «cose assurde e aberranti, sono stupidaggini che rasentano il ridicolo» così anche «la finalità della legge contro l’omofobia è impedire di considerare giusto ciò che rappresenta la norma, per arrivare alla procreazione artificiale.»

Ultimo intervento quello del concitato psicologo-psicoterapeuta Gianpaolo Mazzarra, il quale considera i ruoli sociali stabili per natura, in quanto entità sociologiche predefinite da un senso comune, non chiaro se variabile o meno, che è il buon senso, la norma e per esteso la natura.

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Chiudono il convegno Giuliana e Mario Bolzan, Forum Veneto delle Associazioni Famigliari, Mestre. Quest’ultimo dopo aver detto che «gli uomini dovrebbero riscoprire il fascino della vocazione alla felicità» si lascia andare e così si esprime «Loro sono i figli delle tenebre e noi i cavalieri della luce.»

Progetto Omosessualista

Lo pseudo convegno veronese sulla famiglia del domani.

Ricordate il convegno promosso da Famiglia Domani a Verona e difeso pubblicamente dal sindaco Flavio Tosi?

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VERONA sabato 21 settembre al Palazzo della Gran Guardia si svolge il “convegno” sulla teoria del gender: per l’uomo o contro l’uomo? promosso dall’imparzialissima Associazione Famiglia Domani e dal Movimento Europeo per la Difesa della Vita (degli Altri) con il patrocinio della provincia e del comune.

Al primo piano dell’edificio due buttafuori controllano l’entrata della Sala Convegni del Palazzo e al piano terra, sotto il loggiato, gli interventi dei relatori sono trasmessi in videoconferenza, sorvegliata anche questa dalla polizia di stato. Poco più avanti numerose forze dell’ordine, con caschi neri, scudi e manganelli, sorvegliano il presidio di protesta organizzato dalle associazioni lgbt venete.

I relatori proposti si riconoscono in precisi e parziali e orientati ambiti di pensiero. Chiara Atzori è esperta di bioetica, ma propone davvero un dibattito imparziale su eutanasia e simili? Ci speravi? Matteo D’Amico è conferenziere in ambito di teologia morale. Vi lascio immaginare. Roberto Matte insegna Storia del Cristianesimo. Luca Galantini insegna all’Università Cattolica di Milano. Dina Nerozzi è autrice di testi scientifici i cui titoli riecheggiano inquietanti ricordi, ad esempio, Il ritorno allo stato etico. Mario Palmaro insegna bioetica alla -neanche a dirlo- Università Pontificia Regina Apostolorum di Roma ed è redattore della rivista reazionaria di apologetica cattolica il Timone.

L’inizio del convegno è dedicato allo scovare e ribadire secoli di pregiudizi e paradigmi e pregiudizievoli paradigmi. È vero, secoli fa l’omosessualità era perseguitata e quindi non risultava nelle leggi come regolamentata, ed è vero che, anzi, proprio attraverso le leggi è stato condannato Oscar Wilde, ma è altrettanto vero che prima dell’avvento del medioevo, ad esempio durante il periodo della Grecia classica, le cose erano ben diverse.

È accusato a più riprese lo Stato secolarizzato che ha sostituito alla vera Trinità sancita dai testi sacri, Padre, Figlio e Spirito Santo, una versione moderna di libertà, uguaglianza e fratellanza, pur sempre dogmatica ma finta, perché non ispirata. Lo Stato si appoggia perciò a dogmi che discendono dal paradigma dei diritti umani. Riporto gli argomenti cui si appoggiano queste persone perché è interessante capirli per smontarli. Vedete, se il progresso è un’illusione è allora in virtù di questa immutabilità che si dovrebbe asserire che si stava meglio prima? No, si stava “uguali”, quindi non è possibile migliorare e allora perché auspicano un ritorno alla santa inquisizione?

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Raccogliamo le opinioni a fine convegno, ma gli organizzatori alle domande se possono dirci qualcosa in più, come a quelle sui motivi e le necessità che hanno spinto a organizzarlo, o evitano di parlare o dicono di non averci nulla a che fare. Non rispondono volentieri e fanno finta che non esistiamo, forse perché non ci hanno mai visto in chiesa. Si riconferma dunque una totale chiusura al dialogo, un disprezzo di un uomo, magari femmineo, che non rientri nei loro canoni e quindi un’evidente ipocrisia celata nella frase «non siamo contro i gay».

«Ciò che è naturale è evidente, è sotto gli occhi di tutti fin dalla nascita.» ribadisce una signora che non vuole nemmeno far sapere il nome. Ecco, il modo di procedere della discussione da parte di alcuni è così banale e assolutizzante che finisce per ridurre anche le possibilità di risposta del destinatario. Il convegno è stato talmente parziale e in mala fede e volto solo a fare il lavaggio del cervello che è quasi impossibile rispondere argomentando; cosa si risponde allo scherno di un bambino?

E francamente non credo proprio che a loro sia evidente che cosa sia naturale, visto che l’omosessualità in natura occorre nelle stesse percentuali in cui è presente negli esseri umani, (che peraltro sono natura).

Il volantino promozionale «Se vogliamo evitare che questo progetto totalitario diventi una tragica realtà dobbiamo riscoprire il valore sociale, culturale e morale, dei princìpi e delle istituzioni su cui da secoli si fonda la nostra civiltà, a cominciare dalla famiglia naturale.»

Alla domanda su questo “progetto totalitario” ci viene detto che si tratta di omosessualismo.

Il termine identifica un movimento ideologico compatto ma esteso, appoggiato da lobby europee e internazionali, con un chiaro progetto politico ed economico. Gli aspetti di marketing del movimento sfruttano concetti quali libertà e piacere per sovvertire l’ordine del mondo col fine del profitto.

Se non compreso e arrestato in tempo questo progetto omosessualista porterà a uno sfacelo della società. Nel degrado e nella decadenza generalizzati dei costumi sussisterebbero, tra le altre, la pedofilia legalizzata e la generazione di uomini in provetta per il profitto delle multinazionali o per rendere tutti omosessuali.

Ma dove sono queste multinazionali? Forse non sapete che ci sono multinazionali che appoggiano movimenti estremisti e ultrareligiosi come le Sentinelle in piedi, vedi l’articolo.

Natura, pòlemos e violenza – parole a caso di un intervento in classe

Che Carlo Michelstaedter fosse ammalato di depressione, privilegio consentito a chi ha il padre alla direzione dell’ufficio delle Assicurazioni Generali di Trieste, possiamo soltanto supporlo. Che abbiano influito su di lui letture di autori dal padre indolente e dalla madre di uterina autorità, quali ad esempio Leopardi, anche.

Le sue considerazioni teoretiche a proposito del concetto di violenza e di pòlemos (forse non come lo intende Hitler nel Mein Kampf), ma come lo intende Umberto Curi nel libro dal titolo appunto pòlemos, ossia come un conflitto anteriore ai confliggenti, possono però essere lette alla luce di questo particolare contesto autobiografico.

Senza contare che Michelstaedter dimostra un atteggiamento nei confronti del circostante a sé tipico di quelli che si attaccano e fanno propria una zona, violenta, sublime, profonda, del mondo greco.

Non è che per caso la violenza è culturale? La matrice, la sua genesi è la cultura di un certo tipo di popolazione violenta e aggressiva di certo impostasi su altre popolazioni di stampo più pacifico? Non lo so. Ma so che tra poco non avremo neanche più esempi dal mondo animale cui riferirci. I bonobo muoiono continuamente di crepacuore. Sono animali che non confliggono, e che –Freud direbbe– scaricano le loro pulsioni aggressive (se ne hanno) in mete di tipo sessuale. E se fossero le nostre umane pulsioni sessuali ad essere scaricare in pulsioni aggressive?

-Elena! Ti voglio.-

-Non puoi avermi.-

-Uccido tutti. Bruci la città che ti ospita!-

-Patroclo, dove sei?-

-Sono morto.-

-Odio e disprezzo anche per il corpo di chi ti ha ucciso!-

La violenza è una condizione facile, la pace appare come una creatura debole, auspicata da tutti ma da nessuno attuata. Peccato che sia molto più facile vivere senza confliggere, e dunque affidarsi all’indolenza. Anche per questo si crede alla via da conquistare rispetto a quella che magari è per natura. Mi sto perdendo. Il ragionamento è sito prima, molto prima di tutto ciò. Prima di vedere l’indifferenza e l’apatia dei giovani, il loro pressappochismo nei confronti di ciò che li circonda e la non-voglia di saperne qualcosa in più, perché tanto non sarà mai vero abbastanza.

–E per quei manifestanti che cercano di ottenere dei risultati? Come è accaduto che fossero raggiunti, ad esempio trai più recenti, il voto per le donne? Come li definisci?-

–Come dei burattini.–

–È per questo che non manifesti? Che sei così indolente? Fosse per te brucerebbero le streghe. Non sopporto chi vive degli sforzi altrui. Non sopporto l’affitto. Ma nemmeno faccio dell’amore per il prossimo un cattivo amore per me stesso. La tua mente è ferma, come quella di un giovane che vive in una baraccopoli del Kenya, che si è appena comprato un iPhone, che ha un futuro come tantissimi altri, che potrebbe organizzarsi e invadere la città vicina dei ricchissimi e dei ricchi più ricchi, farla sua (o loro, ma i ricchi non sarebbero d’accordo tranne nel mulino che vorrei), vivere meglio (o comunque non vivere peggio) e festeggiare, mentre preferisce invece snobbare i suoi coetanei che vengono dalla parte “bassa” della slum?-

A questo conflitto io posso gridare moralisticamente di sì! Ma questa è prassi.

Invece, tornando indietro, non è che per caso la violenza è culturalmente alimentata da un forte senso di appartenenza strisciante? La riproduzione è naturale, ma la violenza? Spostandoci in natura, prendiamo le lumache e i bonobo, li avete mai visti duellare? I felini sì, ma sono un tipo tra tanti tipi. Non è che per caso gli uomini per via della cultura greca si sono convinti di essere violenti per natura? O meglio, di essere autocoscienze –per dirla alla hegeliana- che prima dell’incontro sperimentano la dimensione dello scontro/conflitto?

Erano pastori d’altro canto, chi col gregge più grande, chi meno. Non si può pretendere che conoscessero il messaggio cristiano vivaddio.

Ma perché privilegiare la personificazione della violenza a quella della volontà? Perché scontro anziché incontro? Perché mettere in atto una dialettica servo-padrone anche nel semplice dialogo? Ma la si tiri fuori dal cilindro della dialettica quando si tratta di giustificare il sopruso del proprietario del terreno sull’usufruitore dello stesso, ad esempio.

-Scusi che ore sono?-

-Si compri un orologio.-

-Me l’ha appena rubato lei!-

-Ecco, appunto. Vede che ho ragione?-

Sono molte le X per natura che si è tentato invano di giustificare, quando per natura pare soltanto il coito; per citare –non alla lettera- Schopenhauer.

Hegel e Locke insieme appassionatamente, davano addirittura alla proprietà privata valore di naturalità. Perché? Perché l’uomo dopo essersi posseduto, possiede l’esterno. Aspetta. Da quando l’uomo si impossessa di sé? Da quando l’illusione glielo fa credere, magari. Quindi dopo, per quanto riguarda l’esterno, può illudersi di comprare un’isola come Jhonny Depp? Nessun uomo può possedere un’isola. Neanche se tutti gli altri uomini riconoscono ciò, annuendo compiaciuti come grassi banchieri dopo una speculazione andata a “buon” fine.

Non è per caso che la convinzione dell’essere confliggenti per natura è il placebo che fa veramente diventare l’uomo un essere così poco evoluto? E pensare che dovevamo andare oltre l’uomo.

In determinati periodi storici, a causa di cattive e menzognere credenze, si pensava che gli esseri umani fossero una specie soltanto eterosessuale. Certo. Non distinguevano ancora il pinguino maschio da quelli femmina (i pinguini formano anche famiglie omosessuali senza alcun risentimento o protesta religiosa, meno che meno i trichechi), oppure non ne avevano proprio visto mai uno. Certo. Non avevano alcuni strumenti. D’accordo. La domanda dunque è se noi abbiamo gli strumenti per sondare questa tradizione di violenza per violenza e di abbandonarla al suo destino animalesco?

All’inizio del corso di Storia della Filosofia Contemporanea si chiese agli studenti –definite “violenza”–, senza pretendere per forza una boriosa ricerca del fondamento ontologico del concetto preso in esame. Io risposi: –Uno strumento dalle ripercussioni sia fisiche sia morali che attiene all’animalità dell’essere umano–, sottintesi –Di sicuro un essere umano che si sia scrollato di dosso certi atteggiamenti di certi animali (non è il caso dei bonobo) o che non li abbia neanche mai conosciuti/esperiti tali atteggiamenti per merito della fiorente situazione familiare, saprà smettere di usare violenza per ottenere dei risultati, saprà andare oltre l’animale, oltre l’uomo-animale–, magari smetterà di ottenere dei risultati nell’immediato. E magari poi lo crocifiggeranno.

La mia domanda è se per caso non sia la tradizione greco-arcaica a portarci nella direzione del Grande Male. La Grande Salute, che è il volere la perdita dell’orizzonte di senso e la perdita dell’orizzonte come orientamento, scaturisce davvero da un apollineo vietarci la vita? O, d’altra parte, da un dionisiaco logorarla così velocemente?

La violenza è per natura?

Rispondo sì e giustifico ogni sopruso. Dagli Achei che riducono in schiavitù gli abitanti dell’isola di Melo, ai lager, ai gulag, alla violenza sulla donna perpetrata col favore dell’ombra della notte, allo stupro del bambino che, indifeso, non può che subire il potere del più forte (Era la madre a doverlo proteggere! Ancora con queste leonesse. Ma si guardino i fenicotteri che adottano i cuccioli di altri fenicotteri!).

La legge di natura è davvero così? Oppure questa legge di natura è quella che si vuole far credere, che il potere vuole far credere che sia? Non è che stiamo giustificando il potere andando contro natura? In fin dei conti la natura è per la sopravvivenza e di certo non sopravvive bene un bambino traumatizzato in tenera età. Immagino che in futuro si possa comunque riprodurre, ma quale sarà l’esito probabile oltre al suicidio? Davvero physis è contraria alla generazione delle cose che crescono?

Non voglio essere presuntuoso come qualche mio coetaneo. Nella mia ricerca sarò pronto, forse un giorno, ad accettare di essere io l’ammalato di pacifite e a riconoscere che tutti gli altri son sani, a riconoscere che invece per la razza umana è naturale un approccio alla vita s-velatamente polemologico.

Del disastroso 2° meeting dei giovani della regione Veneto a Caorle

Dammi spazio. Noi giovani CRE-ATTIVI, 24 settembre 2012

Già alle due e mezza/tre, a pranzo terminato, i tanto acclamati “Circa 1500 giovani presenti al Meeting di Caorle” di cui parla Marino Zorzato (PdL) con orgoglio sul suo blog, sono dimezzati, che dico, sono rimasti per un ottavo.

Il meeting non è piaciuto. I bandi (cinema, lavoro/impresa, volontariato e musica) e gli stanziamenti sono piaciuti.

Non che gli appalusi per Zaia non fossero scroscianti, ma la gente defluiva già dalle undici di mattina verso le uscite, i ragazzi delle scuole erano costretti a restare.

«Magniloquenti presentazioni» accompagnate da uno spirito di tifoseria insostenibile (aggiungo io).

«Tanto fumo, poca concretezza» sono i pareri che raccolgo, ma soprattutto «I giovani non hanno parlato! Li hanno premiati e basta. Non ho capito perché ha vinto Tizio piuttosto che Caio!»

Alcune classi sono finite lì perché è bello saltare la scuola e Zaia dal canto suo non aiuta, visto che ha ripetuto anche stavolta che sedeva sempre in fondo nelle corriere. Colto o meno, non voleva certo dare l’impressione del ragazzo che si interessava intellettualmente, ma più di una personalità concreta. Abbiamo capito. Ma è una delle tante personalità.

Ad ogni modo, per quei giovani interessati, tra i quali mi annovero,  che pensavano sul serio di essere parte di una cittadinanza attiva, che erano lì mossi dallo spirito del volontariato, il tutto è stato deludente. Figuratevi che cosa mi sono sentito dire a fine giornata (cito testuale) «e tu con che gruppo sei? Nessuno? Ma chi te l’ha fatto fare di venire?!»

Davvero quello della regione Veneto è un buco nell’acqua. Nell’acqua perché i soliti schierati saranno subito pronti a riempirlo di altra acqua per nasconderlo. I liquidi occupano lo spazio, lo sappiamo.

È sotto gli occhi di tutti. Stando alle cronache correnti il mondo delle regioni non sembra essere stato proprio parco, mentre i comuni tirano la cinghia.

Chi si è innamorato di Macchiavelli?

“Quando una banca può controllare la sovranità degli Stati, il brivido del delirio di potenza è amplificato dall’elemento negativo che accompagna questo genere di sottomissione.”

Continuano i dibattiti e le riflessioni per il cinquecentenario dalla pubblicazione del Principe di Niccolò Macchiavelli. 

Macchiavelli se non altro ha indagato a fondo alcune dinamiche della politica e orientato i suoi studi senza morale.

In un brillante saggio M. Ricciardi sostiene che Macchiavelli nell’opera I Discorsi preferisse Roma e la sua struttura sociale all’oligarchica Venezia, perché Roma aveva quell’unità sociale che era garantita da istituzioni come il tribunato della plebe e aveva il cittadino armato pronto a difenderla e anche ad espanderla.

Venezia, invece, si serviva dei mercenari per proteggersi e questo ovviamente avrebbe consentito la diffusione della corruzione e pertanto alla decadenza. Se i soldi fossero il corrispettivo della passione.

L’autore del Principe pone il lettore di fronte molte constatazioni di un realismo schiacciante. Il suo intento era quello di prodursi in un’analisi lucida e forse un po’ cinica. Oppure anche lui era guidato da alcune particolari passioni.

È vero che una certa disposizione d’animo alla decadenza vede nello spirito di Venezia un esemplare sottile e raffinato. La Serenissima Repubblica non è solo espansione mercantile. È risvoltino dell’opulenza. A onore del vero un ampliamento di carattere militare diffonde lo stesso cultura, lingue, usanze, costumi, ma è grezzo, non è subdolo come un colonialismo economico.

Quando una banca può controllare le sovranità statali, il brivido del delirio di potenza è amplificato dall’elemento negativo che accompagna questo genere di sottomissione. Anche Des Esseintes si imponeva sulla realtà esterna e sul suo corpo, ma non di certo alla maniera di un atleta olimpico.

L’app “Obama è vicino”!

Obama2012 è una app innovativa. A sfidarla quella del rivale Mitt Romney, la quale per ora risponde con una briosa schermata “Coming Soon”.

Lo ha annunciato Obama oggi alle 00:28 (ora italiana) di Ferragosto. È ufficiale. È scaricabile la nuova smartphone app in grado di comunicare tutte le news sulla campagna elettorale, gli eventi significativi vicino a te e altro ancora sul candidato alla presidenza degli Stati Uniti. Avete ancora quella del 2008? Ottimo. Fa molto retrò.

Obama è stato un fenomeno del web, lo sappiamo tutti. È normale Marialuce che si affidi alla connessione che lega tutti i suoi possibili elettori.

Il suo sfidante Mitt Romney attraverso la sua compagnia ha lanciato l’applicazione Mitt’s VP, ma dopo averla scaricata e aver inserito i propri dati si può ricevere solo una schermata con scritto Coming Soon!

Certo in Italia gli elettori connessi sono forse meno che negli States ma questo non ferma i grandi Vips della politica e del mondo dello spettacolo. Già. Perché ora anche loro hanno un account twitter col quale potranno annunciare l’avvento di una loro personalissima applicazione. Con le dovute conseguenze s’intende.

Matrimoni tra persone omosessuali: sì di Fini

Gianfranco Fini (2004 image)

Dopo il dialogo dall’esito positivo avvenuto ieri tra Fini e la deputata PD Anna Paola Concia sul riconoscimento in Italia del matrimonio della parlamentare dello scorso anno avvenuto in Germania con Ricarda Trautmann, il Presidente della Camera si è detto favorevole ad una proposta per l’estensione verso tutti di quel riconoscimento, simile ai pacs, già garantito ai parlamentari. Quando? Entro la fine della legislatura.

Oggi su Repubblica Fini ha dichiarato che sarà difficile perché non vi sono precedenti. Se si riferiva alle proposte da parte della presidenza, è corretto. Mentre, ricordo, nove sono le proposte depositate in parlamento. Se si riferisce ai matrimoni di coppie dello stesso sesso, la giuriprudenza non è d’accordo e la penna rossa corregge. I precedenti ci sono. Si ricordi la 138/2010 della Corte Costituzionale e i vari casi presi in esame singolarmente dai magistrati sul territorio, come ad esempio il caso delle gemelle cresciute con una madre convivente con una donna che frequentano regolarmente il padre convivente con un uomo, mentre veniva denunciato da enti bigotti come un caso indecente, il tribunale dei minori ha dichiarato invece che le bambine non potrebbero ricevere più amore di quanto ne ricevono e che devono stare lì dove sono. Nella lista dei precedenti io annovererei anche alcune statistiche proveniente da realtà ufficiose che ormai sono davvero tante e perciò non ignorabili; 100.000 i bambini che vivono famiglie di genitori omosex. Ognuno con la sua storia personale.

La penna rossa non crede che i pacs siano la soluzione per una uguaglianza sostanziale, ma di certo sarebbero un passo avanti.

Si crede inoltre che alcune mosse politiche abbiano le fattezze dei favoritismi, ma che la comunità più che le ragioni mandanti, si interessa ai benefici futuri.

PS Chissà che cosa pensa il Papa delle dichiarazioni del suo Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine Piano.

[http://archiviostorico.corriere.it/2005/novembre/21/Ciampi_Berlusconi_Casini_Letta_Ecco_co_9_051121027.shtml]

Le istituzioni dello stato di natura secondo chi non ha capito nulla.

Il gallo non canta più perché vien strozzato dalla ruvida donna di campagna.

Simplicio spiegava il creazionismo «Il mondo poggia sull’elefante e l’elefante poggia sulla tartaruga.» Allora su cosa poggia la tartaruga? E perché Venere non ha il campo magnetico?

Perché Venere è amore?

Perché le misurazioni fin’ora condotte sono prevalentemente spettrografiche e la massa di Venere è troppo fumosa per permettere una rilevazione adeguata?

Domande per chi ha paura della scepsi.

Cavalli impazziti belano nello stato di natura.

Che schifo la natura.

È tutta colpa della physis. Grazie physis d’esserci! Altrimenti come faremo noi col nostro Esserci ad esserci? Come faremo ad invecchiare? A ripeterci nella generazione? A decadere?

E la pecora bagnata -che ho visto, era belata– mangiava erba squisita. Squittiva.

Il bonobo rantolante è il nostro Dio. Occuperà lui il trono! A lui le nostre prossime riflessioni morali!

I bonobi rantolanti gemono sordidi nei confessionali.

Gli uomini finalmente si sono estinti.

Cavalli impazziti gridano e sputano addosso ai lama durante l’ipotesi di lavoro mai-esistita-che-mai-esisterà altresì detta stato di natura.

E le cavalle coalizzate con le vacche uccidono i puledrini -protetti invano dal bue di m***a defecato dal tirannosauro- e ne fanno sfilacci morbidi e deliziosi che gusteranno le teste di cazzo di toro.

Altre cavalle si gassano in cucina a trentacinque anni.

Sono i germi del male, il quale -senza società- può proliferare dando origine alla società.

Che il libello di Hobbes sia tanto più inattaccabile logicamente quanto più sia inutile e quanto più gli sia riconosciuto il merito di aver derivato e giustificato il concetto di sovranità, è chiaro! La mistificazione logica sta nel fatto che nessuno sarà mai una cosa sola. Non posso mentire sempre. Non posso sempre dire la verità. Ancora una volta si totalizza la discontinuità, fallendo.

Mistificazione logica ridicola, mio caro. Ci vuole πρᾶξις.

Prendi Filmer, lui si è nascosto sotto il suo saio, dopo essersi accorto che il suo concetto di potere giustificato da una discendenza patriarcale è stato sgretolato da una lautreamontese martellata-spacca-cranio. Quanto è ridicolo un sovrano che eiacula il suo popolo? Certo, trattasi di una analogia, come il padre col figlio, così il sovrano con il popolo. Non significa certo che il sovrano debba andare di fiore in fiore senza preservativo. Il padre ha diritto e potere sul figlio solo perché è suo padre, quando in effetti il padre non sceglie il figlio e il figlio non sceglie il padre. Allora diremo che ne ha diritto perché ci conviene e ci convive giorno dopo giorno ed è più grande di lui, ma allora il fratello maggiore? E se il padre non è mai presente? (cosa che accadeva non di rado in passato) E perché continuiamo a non comprendere le donne? Eppure la regina Elisabetta -o se potessero ghigliottinarla solo per i cappelli- è immortale. No. Io ho diritto su di te perché tu sei stato nelle mie p***e. Nei miei scroti. Eri viscido e succulento sperma. Non disperarti, lettore, lo eri anche tu!

Vogliamo vivere in un mondo che si giustifica sulla discendenza di sperma? Fate pure ma Locke resta il meno peggio dei leccasanti.

Federico

Massimo D’Alema accantona il matrimonio gay.

Con le sue recenti dichiarazioni omofobe Massimo D’Alema ha sorpreso? No, chiaro. I gay non sono una priorità. La Costituzione Italiana non prevede famiglie omosessuali.

Anche se nella Costituzione non è espresso chiaramente che una donna e un’altra donna non si possano unire in matrimonio, anche se è soltanto una mera questione terminologica, D’Alema non si lascia intimorire.
Quello che è giusto è giusto. I nostri padri costituenti, per quanto liberali, intendevano bocciare qualsiasi espressione di libertà sessuale, qualsiasi libertà o equiparazione in qualsiasi campo era da evitare al momento della stesura della Costituzione.

Nonostante tali intenti la questione giuridica è sempre più incentrata sul concetto della terminologia “società naturale”.
Che cosa è naturale? Il buon senso? Quanto additiamo con normatività nel circostante?

Se queste sue idee sono mutevoli quanto la sua politica, allora la reazione che sorge naturale in tutti gli omosessuali che hanno ascoltato le dichiarazioni di Massimo D’Alema è di non preoccuparsi affatto.

Siamo stufi della donna soprammobile

Anni fa vidi un breve filmato, un documento storico in bianco e nero, di pessima qualità, datato tra gli anni ’50 e ’60, gli anni della RAI abbottonata, che sarà in seguito sconvolta nella sua compostezza da un ombelico scoperto (quello di una donna), il video mostrava un dibattito tra alcuni uomini con capelli leccati e unti di brillantina con la sigaretta fra le dita, che sorridevano divertiti ascoltando una donna dai capelli corti e chiari che trattava tematiche spinose per quei tempi quali: divorzio, aborto ed emancipazione femminile.

Ciò che mi colpì fu la pacatezza stoica della donna nel rispondere a delle domande e a delle argomentazioni anche un po’ maschiliste del presentatore e degli ospiti. Sebbene fosse continuamente derisa, perché ritenuta ingenua nella sperare cambiamenti così poco morali e radicali quali l’aborto o il divorzio, restò british nel comportamento, per tutta la durata del dibattito, dimostrando una estrema padronanza di sé ed in primo luogo degli argomenti. Certa che la sua richiesta di una maggiore libertà, di una più ampia gamma di scelte possibili, fosse più che legittima e soprattutto vincente.

La crisi dei ruoli tradizionali dei sessi fortunatamente non inizia col ‘900, ma si ha già dell’800 con la Belle Epoque. Durante il XX secolo ed attraverso battaglie agguerrite, il ruolo della donna nella società è cambiato molto, si è evoluto anche grazie ad una sempre maggiore considerazione della stessa come di un individuo e non come di un oggetto che si trasferisce dal padre al marito previa assegnazione di una dote, neanche fosse un assegno.

A questo punto si entrerebbe nel merito della questione dei matrimoni per ragion di Stato nel medioevo e per ragioni economiche subito dopo il 1500.

Anche se nel ‘900, grazie alle innumerevoli lotte e battaglie vinte, conosciamo una radicale trasformazione del ruolo della donna, non si deve dimenticare che, durante il Ventennio, il ruolo femminile subisce un’involuzione, un ridimensionamento, un’inquadratura. E così la donna si vede relegata a semplice moglie/madre/casalinga.

È una visione che viene da subito veicolata dalla televsione di propaganda fascista con le cosiddette commedie dei telefoni bianchi. E l’idea di casalinga giuliva ed operosa resta radicata molti anni dopo Piazzale Loreto; si pensi a Carosello e a Mike Buongiorno che pubblicizza le lavatrici e i ferri da stiro con lo slogan per la moderna donna della casa. Sì, è moderna, ma resta pur sempre della casa.

Fortunatamente alla fine del secolo breve le donne intraprendono qualsiasi carriera e sono ad esempio imprenditrici di successo, come la Marcegallia, Presidentessa di Confindustria, sindacato degli imprenditori e degli squali (di ambo i sessi).

I papà, dal canto loro, per par condicio diventano ottime baby-sitter.

Fermandoci in Italia, però, notiamo che, secondo le statistiche, le donne percepiscono una minore retribuzione a parità di mansioni svolte (questo già dalla fine dell’Ottocento) ed hanno una maggiore difficoltà nel trovare lavoro. Difficoltà intesa in senso stretto, ossia a parità di qualifiche nei curricula il datore di lavoro statisticamente assume più volentieri l’individuo di sesso maschile.

Basta che non si tratti di un posto come segretaria o di un ministero senza portafoglio come ambiente, pari opportunità, giovani, allora entrerebbero o scenderebbero in campo altre qualifiche avvantaggianti.

Un altro tipo di resistenza che il nuovo modello femminile incontra è il tradizionalismo che, barricato nel suo fortino di bacchettoneria, dà prova del fatto che il medioevo è imperante.

C’è chi crede nel ruolo malvagio della donna come seduttrice maligna, neanche a dirlo, Eva prima fra tutte. Cristiani. Cristo in realtà era una donna.

Non ci si crederebbe se non lo si vedesse coi propri occhi, si tratta di un dissenso espresso in internet da un esiguo gruppetto (gli unici che osano tradurre in parole quanto pensano?) in occasione della festa della donna, testa d’uovo primo fra tutti su Youtube.

Ma il fronte per la parità dei sessi si può far forte di innumerevoli personalità illustri, a partire dalle suffragette fino a Rita Levi Montalcini e anche individui del genere opposto quali ad esempio Piergiorgio Odifreddi o Pannella, sono innumerevoli lo ripeto.

La Montalcini è da sempre tra le combattenti prima linea per la parità dei sessi. Ha sfatato il mito che voleva l’uomo più capace nelle scienze rispetto alla donna. Ed è di qualche settimana fa la dichiarazione dell’insigne professore Umberto Veronesi il quale, durante la cerimonia per la consegna di cinque borse di studio a cinque studentesse vincitrici, ha detto non c’è nessuna differenza, questi premi lo dimostrano per l’ennesima volta,  non è vero che gli uomini sono più portati delle donna in ambito matematico, scientifico, tecnologico o delle scienze in generale e per fortuna!.

Anche in ambito letterario sono moltissime le scrittrici che hanno raggiunto il successo. Del Novecento, però, quelle che maggiormente si sono rese interpreti della crisi sociale dei ruoli inseriti nella società sono senz’altro Sylvia Plath e Virginia Wolf.

Quest’ultima nei suoi romanzi presenta spesso una donna incatenata al suo ruolo, che cerca di liberarsi e cerca anche di esprimere liberamente la sua sessualità divincolandosi dall’idea di donna come strumento di piacere o macchina per partorire.

Oggigiorno pare quasi che esistano due femminilità, come se nel tempo la donna si fosse sdoppiata e fosse rimasta da una parte oggetto dell’uomo, basti pensare alle ragazzi di Drive-in, per riprendere l’esempio televisivo, dall’altra soggetto di se stessa.

È quest’ultima l’idea che la scrittrice V. Wolf voleva liberare, far volare e si auspicava sormontasse la prima.

E anche se alla fine una delle protagoniste di Mrs Dalloway, relegata in campagna, si suicida dopo aver tentato la fuga con un treno per Londra aspirando alle vibranti scosse della Capitale, per raggiungere una maggiore emancipazione dal marito e da se stessa, dal ruolo che gli è rimasto incollato addosso, non si pensi al suicidio come a qualcosa di riprovevole, anzi, forse è proprio quel atto che permette alla protagonista di sperimentare la propria libertà.

Arrivati fino a questo segno, dopo aver scandalizzato Lucia Mondella, non possiamo però sostenere che attualmente si sia risolto il complesso problema della concezione della donna-oggetto (programmi televisivi in prima serata a parte), in favore della sempre più prevalente visione di una donna che è soggetto, individuo a sé stante, che non deve dipendere dagli uomini o da essi essere compatita. D’altra parte grazie alla costantemente crescente parità dei sessi è possibile constatare come in molti casi venga, da qualche decina d’anni, veicolata un’idea nuova, soprattutto in televisione, di appetibile uomo-oggetto.

Una gran consolazione.

Travaglio omofobo?

English: Marco Travaglio - photo 2 Italiano: M...

English: Marco Travaglio – photo 2 Italiano: Marco Travaglio a Canosa (Photo credit: Wikipedia)

Propongo una brevissima disamina a chi avesse dubbi in merito.

A sostegno della sua presunta omofobia è stato scritto che ha due figli e non ne parla mai, che ha una moglie che fa la casalinga e non ne parla mai. Questi sono argomenti molto deboli. Altri argomenti riguardano il suo scherzare sulla politica di Nichi Vendola.

L’estrema riservatezza di Marco Travaglio nei confronti del suo privato probabilmente risiede nel fatto che con il tipo di giornalismo d’attacco cui è solito, un nemico o due è anche solito raccoglierlo. E questa divisone pubblico-privato è ravvisabile a mio avviso anche nella questione a proposito di Nichi Vendola. Non attacca Vendola sulla base del suo orientamento sessuale, ma sul suo modo berlusconiano di fare politica.

Si insinua che Marco Travaglio sia tendenzialmente omofobo perché ha avuto come maestro Indro Montanelli, uomo dichiaratamente di destra. Un padre spirituale influenza la forma mentis o i valori che si mettono in campo nello svolgere il proprio lavoro, ma per questioni umane-umanitarie come i diritti lgbt è improprio parlare di ‘schieramenti’. E poi nel Regno Unito è la destra liberale ad essere a favore dei diritti lgbt. Se qualcuno vuole considerare Marco Travaglio come qualcuno che esprima posizioni da destra liberale, suppongo non lo si possa tacciare di omofobia, sempre se continua a mantenere una prospettiva liberale.

Altri argomenti a sostegno della sua omofobia sono che non vede di buon occhio i gay pride. Questo è un argomento che non mi sento di commentare non avendo fonti da citare. Essere contro il gay pride è una posizione sostenuta anche da molti omosessuali che presentano il –sociologicamente curioso e interessante– problema dell’omofobia interiorizzata. In ogni caso non ho mai sentito Marco Travaglio dire esplicitamente «Non vedo di buon occhio i gay pride» se mai lo farà dedicherò alla questione un altro post.

Per completezza vi copincollo un estratto di Marco Travaglio da il Fatto Quotidiano in cui scrive a proposito di omosessualità e di una dichiarazione agghiacciante di Renato Farina.

Chiedendo scusa alle signore, cito testualmente dall’editoriale di prima pagina sul Giornale di lunedì a firma Renato Farina (me l’ha segnalato un lettore, mi era sfuggito, non ci si può fare del male tutti i giorni):

Per me uccidere una persona è il delitto peggiore che esista, grida vendetta al cospetto di Dio. E non dovrebbero esistere graduazioni. Ma a lume di buon senso, quanto al danno sociale, siamo sicuri che sia più grave uccidere un omosessuale single che un padre di famiglia?

Se le parole hanno un senso, il Farina sta fornendo, sul quotidiano di famiglia del presidente del Consiglio, preziose indicazioni per orientare il mirino di killer, serial killer, canari, neonazi da spedizione punitiva, teste rasate con le mani che prudono, personcine così. Una specie di listino di borsa dei bersagli da escludere e da privilegiare. A lume del suo proverbiale buon senso, egli ritiene che, dovendo proprio ammazzare qualcuno (quando ci vuole ci vuole), è meglio sincerarsi che la vittima sia gay, in quanto notoriamente incapace di procreare. L’ideale sarebbe sceglierlo single, il gay, onde evitare che a piangere sulla sua bara ci sia anche un compagno, cioè un pubblico concubino contro natura, che guasterebbe il panorama e imbarazzerebbe gli eventuali Farina presenti alle esequie. E’ viceversa vivamente sconsigliabile assassinare padri di famiglia, per definizione eterosessuali e dunque di rango doppiamente superiore ai gay single: anzitutto perchè, lo dice il ragionamento stesso, accanto a ogni padre di famiglia ci dev’essere (o ci dev’essere stata) per forza una madre di famiglia e soprattutto ci devono essere dei figli.

Purtroppo i consigli ai cecchini si fermano qui, forse per motivi di spazio. Ma la speciale classifica dei soggetti socialmente più inutili, la cui eliminazione merita in tribunale la speciale “attenuante Farina”, si presta a ulteriori sviluppi che prima o poi andranno esplicitati. Se uno, per esempio, volesse incaponirsi a trucidare un eterosessuale col minimo danno sociale, sempre a lume di buon senso, dovrebbe concentrarsi sulla categoria degli impotenti scapoli che, non contenti di aver rinunciato a farsi una famiglia, hanno pure l’ardire di non procreare, e dunque, quanto a utilità sociale, sono molto prossimi ai gay, pur senza portare su di sé il marchio d’infamia della culattoneria: cioè, diciamolo, sono socialmente utili più o meno quanto un pelo superfluo.

Anche fra i padri e le madri di famiglia, poi, bisognerebbe operare qualche opportuna distinzione: una donna in menopausa vale molto meno di una potenziale partoriente, e così un uomo operato alla prostata non può certo rivaleggiare con un maschio italico nel fiore degli anni (senz’allusioni ad alte o basse cariche dello Stato, notoriamente fuori concorso). Molto al ribasso immaginiamo si collochino, nel fixing farinesco, i portatori di qualsivoglia handicap dalla cintola in giù che li escluda dal novero dei padri di famiglia effettivi o potenziali. Volendo poi sottilizzare ci sarebbero anche, a fondo classifica, i giornalisti che prendono soldi dai servizi segreti perché si credono in missione antiterrorismo per conto di Dio, come i Blues Brothers; si fanno chiamare Betulla; spìano colleghi e magistrati; pubblicano dossier farlocchi ispirati da Pio Pompa; infamano morti ammazzati come Enzo Baldoni; vengono espulsi dell’Ordine: si fanno eleggere
deputati; continuano a scrivere bestialità sul Giornale del premier. Non osiamo quantificare il danno sociale di una loro eventuale scomparsa dalla scena pubblica. Ma solo per il timore di svegliarci da un bel sogno.