Gianfranco Amato e gender kit: ma che Montecavolo dici?

Premetto a scanso di querele che tutto il post è un’opinione personale, un’interpretazione distorta dei fatti. Visto che la libertà d’espressione è uno dei valori dei giuristi per la vita, non sarà certo nel loro interesse querelare una mera opinione descrittiva di quanto accaduto. (Ho paura.)

Alberto Nicolini e Gianfranco Amato

[nella foto: Alberto Nicolini, Rappresentante Arcigay Reggio Emilia, mentre viene ripreso da moderatore e dal pubblico e incitato con veemenza a terminare la domanda]

L’episodio è l’ennesimo convegno dal titolo Genitore 1 genitore 2, non più mamma e papà[1]. La sera del 29 Gennaio, a Montecavolo Reggio Emilia, il Movimento per la Vita, il Forum delle Associazioni Familiari di Reggio Emilia, con l’adesione della Comunità Eucaristica e dell’Associazione Salesiani Cooperatori danno spazio a Gianfranco Amato, presidente dei giuristi per la vita. Lo introduce Andrea Zambrano, giornalista di Prima Pagina, un giornale reggiano di dichiarato orientamento.[2]

Il personaggio conduce una sorta di spettacolo durante il quale paventa scenari apocalittici.

Si comincia con il considerare il tentativo di introdurre l’aggravante omofobia senza definirne il presupposto. Nel DDL Scalfarotto infatti non è specificato che cosa si intenda con reato di omofobia, né è spiegato il termine omofobia stesso. Ciò porterebbe a una deriva totalitaria da parte delle interpretazioni dei giudici al momento di giudicare un atto di omofobia. Ma la soluzione non è specificare che cosa si intenda con omofobia, traendo peraltro spunto dalla giurisprudenza anche di altri paesi, ma semplicemente non approvare l’intero DDL. Forse il motivo è impedire che l’omosessualità rientri anche indirettamente in qualche forma di tutela diretta. Questo potrebbe essere uno degli esempi di omofobia da introdurre nella legge.

Il DDL estende un’aggravante penale, riservata a episodi di antisemitismo e razzismo, ai reati di omofobia, cioè motivati dall’odio nei confronti delle persone omosessuali. Ma tale precisazione istituzionale non serve perché per Amato bastano i motivi abietti e, d’altra parte, forse c’è ancora qualcuno che vuole provare repulsione verso l’omosessualità.

Quello che l’avv. Amato alla fine rivela è che, dopo il DDL, diventerà complicato impedire a qualcuno di considerare apertamente e pubblicamente l’omosessualità come un comportamento intrinsecamente disordinato e contro il diritto naturale.

Altre argomentazioni volte a spaventare la platea riguardano l’introduzione di quote arcobaleno. Il riferimento continuo è alla dittatura gender e non all’insieme di studi critici e scientifici, mai redatti sulla base di considerazioni apodittiche, riuniti al plurale come gender studies.

Il momento più bello del convegno è stato quando si è spiegata l’opera di colonizzazione delle menti che il progetto omosessualista vuole compiere all’interno delle scuole attraverso la distribuzione dei gender kit. Ogni lobbysta lgbt al momento dell’iniziazione riceve un gender kit, con all’interno letteratura omosessualista, lista di preferenze di autori, bandiere rainbow, diabolici preservativi, etc. (non è stato detto, ho indagato).

Le ass. lgbt invece che occuparsi di fare informazione e fornire supporto a situazioni di bullismo, insignificante pretesto, starebbero invece progettando un indottrinamento sistematico delle nuove generazioni attraverso l’introduzione nelle scuole di bibliografia omosessualista, sempre presente nei gender kit, della quale farebbero parte gli stranoti libretti dell’UNAR, i quali sono paragonati dal relatore alle veline fasciste, in quanto consigliano l’uso di certi termini (gay) rispetto ad altri (frociodimerda). Scherzo.

Inoltre, stando a quanto riferisce l’Avvocato Gianfranco Amato, ci sarebbero scuole dove si costringono i bambini a vestirsi da bambine e viceversa, purtroppo non ho reperito casi da citare a sostegno di questa dichiarazione, semplicemente perché tutte le notizie presenti online sono di siti e giornali di parte, allora ho chiamato personalmente la scuola in Friuli e mi è stato negato categoricamente che fosse accaduto quanto propugnato durante la “conferenza”, perciò non prendo posizione. Forse si intendeva dire nel “convegno” che in alcune scuole non è proibito per un ragazzo indossare dei pantaloni rosa.

Le fiabe che poi vengono lette sono da considerarsi il terrore di ogni genitore, il quale sarà destituito a vita, sempre secondo le linee direttive del progetto omosessualista, della possibilità di educare i figli sulla base dei suoi preconcetti. In verità, il primo ostacolo di molti ragazzi omosessuali è la famiglia, la quale, spesso anche in buona fede, non riesce ad affrontare situazioni critiche, proprio perché non ne è a conoscenza, le fiabe aiutano, alcune vite hanno subìto tanto a causa di una impreparazione generalizzata ad affrontare il tema, risparmiarlo ad altre è diabolico.

È inutile scrivere che l’intervento di Gianfranco Amato è stato un comizio parziale, ideologico, una lezione per indottrinare, con il costante presagire sovvertimenti e conseguenze catastrofiche, una pura distribuzione di terrorismo al fine di scatenare paure infondate verso un gruppo eterogeneo e trasversale di individui di estrazioni, etnie e appartenenze diverse qual è la comunità lgbt, peraltro abituata ad essere oppressa e perseguitata, a volte –ahi-noi– dai suoi stessi appartenenti.

Alla fine l’avvocato ha venduto il suo libro (dis)informazione sul gender[3] alla cifra di 15 euro cadauno.

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[1] Preciso che da sempre, anche nei licei cattolici, sul libretto scolastico è scritto firma del genitore o di chi ne fa le veci. Non è scritto firma di papà o mamma visto che le situazioni posso essere tante, una ragazza potrebbe anche stare dalla nonna, per mille motivi diversi, la vicinanza della nonna con la scuola, quanto la nonna cucini bene, la possibilità che la mamma sia deceduta e via dicendo. La polemica è ovviamente sterile, visto l’utilizzo canonico nella legge del termine genitore o procuratore.

[2] Almeno per qualcuno dichiarare l’orientamento non è considerato moralmente deplorevole

[3] Gender ancora al singolare – ma la miriade di studi diversi? Non pervenuta.

In piazza contro la transfobia

Autodeterminazione: questa hybris delle hybris
Baffi alle ragazze e unghie smaltate per tutti gli altri. La transfobia a Padova si combatte in piazza. “Come staresti in un corpo che non ti appartiene?” — articolo con la descrizione dell’evento su Il Mattino di Padova del 22/11/14

in piazza contro la transfobia 2014
Una manciata di semestri fa il docente Adone Brandalise disse ai suoi studenti magistrali e a qualche studente triennale alla ricerca di nuove prospettive «viviamo in un periodo di corpi trasmutati». È la constatazione che il famoso e stracitato imporsi della tecnica, come movimento inerente l’essenza umana, ma anche come espressione pratica e moderna di posizioni assunte nel medioevo, ha raggiunto un livello in cui non può tollerare che gli si dica quanto è giusto spingersi. È l’espressione del dominio della propria natura.

Uno spettacolare atto di hybris per dirla raggruppando insieme delle parole in un grumo che non appartiene più all’altezza del nostro tempo. E, anche non potendo sollevare Ortega y Gasset dal cruccio di aver debellato chi sulle altezze dei tempi non è teoreticamente preciso, è proprio spogliando il tempo di una sequenzialità che non gli è propria che possiamo individuare come alcuni uomini restino al servizio della conservazione delle tappe raggiunte e pochi altri spingano per andare oltre. Forse è ora di smettere di camminare verso il tramonto ed è giunta l’ora di volgergli le spalle. Forse questo gusto apocalittico di voler a tutti i costi raggiungere la fine dei tempi è l’ultimo layout di pensiero lasciato in memoria da una vecchia installazione cristiana.

A questo atto di hybris ci si rivolge con un completo arsenale di gaiezza e buonumore perché l’autodeterminazione è la chiave della salute. Per quanto l’azione di disegnare dei baffi alle ragazze e smaltare le unghie dei ragazzi sia simbolica, e il simbolico sia stato assorbito dal consumo dei segni, il principio con cui noi sul patibolo moriremo – noi abusivo – è quello dell’autodeterminazione.

I maschi imparano dai maschi a fare i maschi

Volge al termine la triste saga di convegni sulla presunta Teoria del Gender organizzati a Piombino Dese dal sindaco Pierluigi Cagnin in concerto con la Chiesa parrocchiale, a seguito della nota dei vescovi del triveneto sui pericoli urgenti che omosessualità e supposte ideologie afferenti rappresentano per la famiglia L’ultimo intervento è di ieri, 28 Aprile, tenuto dalla psicologa dell’educazione Rita Bressan, unica relatrice, priva di contraddittorio. Sono più di duecento i partecipanti riunitisi alle nove di sera sotto il tendone in centro al paese in provincia di Padova. Diluvia. Sorvegliano l’evento ben quattro rappresentanti delle forze dell’ordine.

Piombino Dese

«Faccio attività di educazione nelle scuole da circa diciotto anni –esordisce la psicologa dell’educazione Rita Bressan– stimolo per iniziare la mia attività è stato sentire gli esperti che parlavano ai miei figli nelle scuole, mi davano grande preoccupazione, perché non avevano la mia stessa visione antropologica. –dopo aver infelicemente accostato nelle slide argomenti molto diversi tra loro, tra cui omosessualità, matrimonio gay, pedofilia e abusi sui minori, perché associati in questo modo dai bambini durante le attività proposte loro nei vari progetti con le scuole, Rita Bressan prosegue– io ho una visione precisa di che cosa è il maschile e il femminile […] vi presento una certa visione di uomo e di donna […] noi, come educatori, dobbiamo avere in mente, prima di parlare, che l’essere umano non è possibile venga visto in un’unica ottica. […] È dai maschi che i maschi imparano a fare i maschi, a comportarsi come maschi

Durante l’intervento sono presentate le risposte, a domande circa la sessualità, che i bambini forniscono nei vari incontri educativi come punti di partenza da cui trarre conclusioni su riflessioni antropologiche quali l’esistenza e il riconoscimento incondizionato di maschile e femminile e non sono state invece considerate, queste associazioni di bambini di elementari e medie, come i risultati di un determinato contesto familiare, ambientale, culturale del quale i più piccoli sono evidentemente lo specchio.

L’intervento è stato condivisibile sotto certi aspetti, tra cui quello di denuncia dell’eccessiva sessualizzazione del mondo della pubblicità. Ma, oltre a moraleggiare, ci si può chiedere perché il sesso irretisca così bene il desiderio e venda il 30% in più. Forse, sito com’è nell’interdetto con la pudicizia, nella legge del Padre con le imposizioni, suscita molto più interesse di altri fattori comunicativi; tant’è vero che a questo convegno sul tema sessualità e presunta teoria del gender i partecipanti erano oltre duecento. La sessualità susciterebbe lo stesso scalpore e desiderio se fosse vissuta senza i tradizionali paletti?

A fine convegno, alle domande di alcuni ragazzi di Arcigay Padova Tralaltro, che hanno partecipato con dispiacere anche al primo incontro con Introvigne, la psicologa ha risposto di non aver trattato di orientamento sessuale o identità di genere, per il suo intervento incentrato sulla sessualità, in quanto argomenti ancora interni a un dibattito. Ha preoccupato i ragazzi il fatto che la relatrice, per suffragare l’esistenza di teorie discordanti in merito, abbia citato Luca Di Tolve.

Al pubblico viene presentata la sessualità della persona come un concetto complesso, composto di varie componenti: biologica, culturale, ambientale, relazionale-affettiva. Le teorie attuali, trattano del concetto di identità sessuale. Costruito da varie componenti, sulle quali il dibattito è alla ricerca di nuova letteratura.

– Il sesso biologico è quello determinato geneticamente e rappresenta la componente biologica.

– L’orientamento sessuale stabilisce il genere o i generi verso cui ci si sente attratti.

– L’identità di genere è il genere a cui noi sentiamo di appartenere, quello che sentiamo più affine alla nostra identità.

– Il ruolo di genere è la componente culturale, è il ruolo che ci viene imposto dall’ambiente, dal nostro contesto, dalla società, fin dalla nascita, ma non è l’identità di genere cui noi sentiamo di appartenere, pur potendo eventualmente coincidere con questa identità di genere, non è la stessa cosa, ne differisce.

La distinzione tra identità di genere e ruolo di genere è importante e per niente sottile. Non è stata nominata durante il convegno.

Come nota conclusiva alla triste serie di incontri che ha visto alleati sindaco e parroco di Piombino Dese nel promuovere messaggi distorcenti, si riportano delle perplessità in merito a questi congetturati urgenti pericoli rappresentati dagli omosessuali cui incorrerebbero le famiglie di oggi, mentre si rilevano invece quali problemi reali su cui sarebbe forse più utile concentrare le note vescovili, il fenomeno della progressiva sparizione del ceto medio, l’eticità degli investimenti, la sfavorevole congiuntura economica cui versa l’Italia da non pochi anni. Non si hanno dubbi nel ritenere che di certo questi ultimi sono argomenti che rappresentano i veri pericoli urgenti e tangibili per le famiglie.

Chiudo il canale, non la lotta all’omofobia

Ringrazio di cuore tutti quelli che ho conosciuto e che hanno apprezzato il mio voler proporre la discussione sopra la sola risata.

«La lotta all’omofobia rappresenta un esercizio che non si può esaurire; non ora, non in questi termini.»

«Youtube ha inaugurato la mia e nostra battaglia.»

«Spingere il ragazzo a rispondere/interagire con il carnefice è pura barbarie, bisogna difenderlo.»

«Vale la pena chiudere il canale anche solo per poter cestinare le centinaia di migliaia di commenti omofobi»

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Voglio premettere che la quasi totalità delle persone con cui mi sono confrontato trova che le argomentazioni proposte nei mie video, quando non addirittura banali nella loro semplicità e verità, generalmente sono state sempre condivisibili e ragionevoli.

Chiudo il canale nato nel 2009. Il fenomeno del broadcasting individuale stava appena prendendo piede quando mi accingevo a registrarmi su Youtube, gli studiosi del 2.0 erano appena stati sguinzagliati. Io invece producevo. Non mi vergogno a scrivere che ero ben presente quando Youtube sembrava ancora qualcosa di libero.

A conti fatti YT è servito in un periodo di assestamento della mia vita a garantirmi l’appoggio sebbene virtuale di persone meravigliose che ringrazio fin d’ora per il loro sostegno, i loro messaggi personali, i commenti agguerriti, le lunghe chattate disinteressate. Questa confessione è anche un lungo e sentito ringraziamento. Devo loro molto, tra cui le cristalline considerazioni, per nulla banali al tempo, che l’orientamento sessuale, qualunque fosse, non rappresenta motivo di scherno né che da una sua espressione non-tradizionale debba discendere uno stigma. La remissività e lo sdegno magari componenti del mio carattere attuale sono inezie pusillanimi che Dede Nancy, di fronte a una telecamera, pensava bene di dimenticare del tutto.youtube

Il canale iosonodede è servito allo scopo di inaugurare una guerra che prima era combattuta solo da un fronte nei miei riguardi. Una situazione di ingiustizie subite, quest’ultima, che ho scoperto, soltanto dopo, accomunare molti adolescenti. Ma nel dolore dell’esclusione sociale si è soli per definizione. Dunque Dede segna l’inizio del mio controfuoco come necessità. Sarebbe bastato così poco per farla smettere, questa guerra, dico. Una riposta ben piazzata. Quando rispondi non se lo aspettano e affermi anche la tua estensione fisica, la tua presenza e, se lo fai bene, suscitando un riso-di-rimando, affermi anche la tua virilità. Ma perché questa dev’essere la strada? Il postmoderno mi aveva inconsapevolmente aperto a una chance diversa, più civile. Spingere qualcuno ad interagire con il carnefice inoltre è pura barbarie, questa frase vuole essere un monito. Ora che chiudo il canale la guerra è finita?

Attraverso quell’account ho imparato diverse cose e ho impattato con la società civile e la sua frammentazione. (Col canale ho anche tenuto compagnia alla mia professoressa di italiano del liceo, durante i giorni che ha trascorso in ospedale. E altro)

Ho notato, per dirne una già nota ai più, che con la formula della comicità si possono esprimere idee ben più terribili e mirate che con la discussione: il giullare vive, il moralista muore.

La comicità, anche grottesca, se suscita la risata dà all’utente la percezione di aver investito il suo tempo in benessere, qualunque sia l’argomento proposto. Inutile ribadire l’effetto neutralizzante di questo schema, come altrettanto inutile è riconsiderare che una impostazione dialogante aperta alla discussione (la mia) non è stata, come credevo, capace di attuare una ricerca della verità ma solo di costruire la poltrona dalla quale l’individuo moderno, senza dover camminare, monade e custode delle sue chiavi che sono un telecomando o un touch, si costruisce il suo paradiso.


Insomma, dato che ognuno suppone la sua verità, non mi era possibile intavolare una discussione se non in rarissimi momenti. Piuttosto interponevo delle battute ai messaggi che proponevo o cercavo di rendere una forma del contenuto più rilassata, per adeguarmi ai ritmi, ma tutto ciò è stato letto, al contrario, come superficialità.

Il motivo per cui chiudo Youtube è che ho trovato altri canali per combattere l’omofobia; canali compartecipati. In campagna la telecamera, in città l’associazione. Lo chiudo anche per il fatto che il mondo del lavoro non è adatto a forme evidenti di a-convenzionalità, sebbene premi la perseveranza di idee non-convenzionali, apprezzando quel uncommon creativo pur sempre finalizzato al profitto, che magari passa fugacemente per la creazione di benessere personale. La mancanza di convenzioni è il grande limite del mio personaggio, Dede non ascolta le regole perché si è ritrovato scaraventato all’esterno di queste, eppure mantiene nei confronti dell’altro, senza appartenenze, un incredibile rispetto. Mentre ironicamente sarei potuto essere rispettato maggiormente se ci avessi guadagnato. Ma questo non è mai accaduto ed è un altro discorso. Essere un pioniere di Youtube significa tratteggiarmi come un videomaker amatoriale che non ha disposto certo di mezzi cinematografici di alto livello, ma questo anche per una precisa scelta-di-contesto. Youtube non era Hollywood. Non era.

In realtà non nasco nemmeno proprio come attivista, dai 16 anni la mia campagna di informazione contro l’omofobia comincia per il motivo che anche io volevo esserci, mi sentivo escluso dalle dinamiche. Il ragazzo di campagna teme di essere solo al mondo è un leitmotiv già sentito, ma pur sempre da evidenziare. È difficile, non impossibile, che qualcuno che non sperimenta il ritrovarsi al di fuori della maggioranza, sostenga la minoranza. Anche grazie a una parziale esclusione da certe dinamiche si sviluppano delle sensibilità. Così l’attivismo. Nulla di autoesaltante. Anzi.

Ho letto tanti insulsi insulti, fra i quali però ho riconosciuto dei barlumi. Alcuni di quelli che insultavano sono ritornati poi a chiedere scusa, dicendo di essersi finalmente accettati come omosessuali. Rari casi. Non farò nomi e cognomi per motivi di privacy ma devo moltissimo anche a tutti quelli che mi hanno difeso. Il mito virile del maschio che non chiede e non si fa aiutare è caduto e comunque meno che meno è mai esistito tra i fasci di combattimento che sono gruppi per definizione, non singoli.

Se Tersite avesse avuto un canale Youtube, avrebbe forse riscattato se stesso e i soprusi subìti, specie quelli da parte di Odisseo –immagine del perfetto prevaricatore–. La telecamera l’avrebbe dipinto come vittima di bullismo perché portatore di una verità schiacciante. La telecamera spezza la catena. La rispostina, no. Se Tersite avesse avuto un canale non ci sarebbe magari stato tramandato in questa luce antieroica come invece è successo a causa della compiacenza di un poeta.

Certo non è bene tradurre il passato con la propria personale concettualità, ma questo è valido fino a un certo punto. No? Qual è il motivo per cui è calendarizzata la giornata della memoria se non perché non possiamo accettare lo scandalo del passato come veramente accaduto? Ricordare l’indicibile. Ma indicibile per noi, non per la concettualità di chi, nel passato, lo poteva concepire. Ma sto divagando.

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Perché mi sono proposto in modo eccessivo? Capelli biondi e trucco? L’essere eccessivo rientrava in una logica di diffusione più alta dei contenuti, questo schema mi è stato imposto, pena il non-esistere. L’eccessività di Dede Nancy rientrava anche in una sorta di voltairiano test di tolleranza dell’utente medio, tutto questo a scapito della produzione di una chiara fama in positivo. Non che la tolleranza sia un bene, la considero un presupposto.

Per molti italiani non v’è nulla di meno accetto del nuovo, tranne quando è innovativo. Questo nuovo o è chiaramente la comodità delle comodità o si deve ammantare di tradizionalismo per essere accettato. Un adolescente ragionevole e che riflette su tematiche importanti mentre i suoi coetanei ne sono completamente avulsi, è uno sprovveduto e un catalizzatore di insulti.

Sapete, non ho mai capito che problemi abbiano gli esseri umani con la virilità. Questi problemi si riflettono anche nel linguaggio (non nella langue), tanto che questo linguaggio è sempre pronto a deprezzare l’essere femminile, perché molle e passivo. Insomma, se ci si pensa un attimo, una donna connotata positivamente è una donna con le palle.

Ma l’insulto “vaffanculo” è un augurio! Significa “Salute, tanto sesso, tanti soldi, ecc.” A un “vaffanculo” si risponde “d’accordo, ti ringrazio.” Invece orrendo come insulto è, solo per fare un esempio, “auguri e figli maschi”. Suvvia, procediamo verso la società senza padri.

Se sapevo che ogni contenuto che proponevo, nel mio centinaio di video, sarebbe stato neutralizzato in partenza perché ognuno oggi si suppone garante di una inviolabile, personalissima e relativissima verità? No.

Amavo illudermi con lo spirito del martire. È infatti giusto che gli schiavi si lamentino di essere tali, come è giusto che qualcuno si lamenti di essere vessato e picchiato solo a causa di un polso ballerino. A questo mondo esiste il caos e non c’è un ordine naturale, per lo meno non è dato all’uomo percepirlo o conoscerlo, al massimo può tradurre certi aspetti del mondo –ma solo quello che esperisce– in linguaggio matematico, però a patto che tali considerazioni seguano esperimenti formulati in un paradigma, e comunque le formule non fanno di certo un tanto sbandierato ordine cosmico. Dico, è solo perché l’uomo è finito che è così ben visto l’infinito.

Spirito del martire. Fare la vittima?

Youtube e gli articoli vari, tra cui quelli sul mio blog La Penna Rossa, sono la prova che mi sono reso operativo invece che piangermi addosso e le collaborazioni con Shake lgbte, con Arcigay, con i vari enti e Comuni sono motivo di vanto. Certo conto sulla mano le volte del “ho letto il tuo blog” rispetto a quelle del “ho visto i tuoi video”.

Ora, se nel mondo gay è preferito il bello all’attivista a me non interessa. La mia lotta, come ho scritto, è nata non per farmi bello o esaltare la mia cultura, come pensano molti evidentemente con complessi culturali di inferiorità, ma per opporsi con fermezza agli pseudobulli, pseudobigotti, pseudofascisti e via dicendo. Con l’intento finale di azzerarli.

Nel mulino che vorrei non c’è spazio per l’omofobia della Barilla, né per il settarismo naturale degli adolescenti.

L’omosessualità d’altro canto manterrà sempre un vantaggio su altri tipi di divisioni; può raggiungere qualunque posto senza bisogno di propaganda, perché ci pensa la natura.

Che cos’è una telecamera?

La telecamera, che l’antieroe Tersite l’abusato non aveva, è la finestra con la quale ti affacci a un mondo apparentemente intero e parziale, nel senso distorto di una digitalizzazione. La telecamera associata a un sistema di broadcasting mondiale mi ha aiutato anche a incutere timore ai bulli ma nel frattempo mi ha caricato sulle spalle di riflessioni e responsabilità non richieste.

Vince lo slogan e il motto di spirito contro la barbarie, perché con la battuta non si passa per vittime ma per indifferenti superiori. E questo è appurato. Peccato che quando la sofferenza l’hai vissuta è difficile poi non prendersi sul serio e prodursi in proposizioni ilari. Ma ci si prova e molti ci riescono. I gruppi e la loro morale eteronoma e gretta non vedono che una minaccia nell’entusiasmo delle persone. Vessarmi era d’obbligo mentre cercavo di inaugurare per la mia vita un po’ di futuro. Quando attorno a te è fuoco, il futuro è lusso.

Ma producevo video per tutti i motivi che ho elencato, preparavo testi e stampavo e leggevo anche perché è indicibile d’altra parte la soddisfazione che ricevevo tutto le volte che mi venivano recapitati, via mail o nella posta del canale, messaggi che mi ringraziavano anche solo di esistere. Qualcosa che non avrò più.

Con la chiusura del canale finisce la lotta all’omofobia?

La lotta all’omofobia è l’esercizio di una guerra fisica e psichica mai interrotta ma solo allentata in certi momenti. Per questo dibattito –che non dovrebbe aver motivo d’esistere!– incentrato sulle espressioni omofobiche, il web rappresenta una fonte di sostentamento cosmopolita. Purtroppo con le piattaforme ho conosciuto, come altri assieme a me, anche tutta quella reflua ignominia che scorre dalle tastiere del mondo. È il caso di dirlo, vale la pena chiudere il canale, se non per la cancellazione della mia faccia dal web, almeno per il fatto di poter cestinare le centinaia di migliaia di commenti omofobi.

Riporto alcuni commenti che danno una cifra sommaria di quale fosse la partecipazione contro l’omofobia


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Forte messaggio contro bulli omofobi

Istituzioni e azienda ATAP collaborano con Arcigay Friuli contro bulli negli autobus e nelle scuole

PORDENONE. A Pordenone si stringe un’alleanza tra Arcigay e l’azienda del trasporto pubblico per prendere una netta posizione contro il bullismo omofobico. Venerdì 21 Marzo alle 18 presso la sala convegni dell’autoparco ATAP si tiene la conferenza che ricapitola i successi ottenuti dal Progetto Scuole regionale e riporta la situazione del bullismo omofobico in regione.

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L’iniziativa “La libertà d’amare viaggia con noi: bullismo omofobico, luci e ombre in Friuli Venezia Giulia” ha come testimonial d’eccezione Vladimir Luxuria.
Presenti al convegno il Presidente ATAP Mauro Vagaggini, Giacomo Deperu, presidente Arcigay Friuli “Nuovi Passi” di Udine e Pordenone, la psicologa psicoterapeuta Margherita Bottino e diverse istituzioni, tra cui Sara Rosso, presidente Commissione Pari Opportunità del comune di Udine, il sindaco di Cordenons Mario Ongaro e Nicola Conficoni, assessore Ambiente e mobilità. Le presenze sono di circa un centinaio.

«Atap è da anni attenta alle problematiche sociali – ha dichiarato Vagaggini – Il tema del bullismo ci sta particolarmente a cuore perché riguarda i giovani, che rappresentano la maggior parte della nostra utenza. Siamo orgogliosi di essere una delle prime, se non la prima, azienda di trasporto pubblico in Italia, che promuove una riflessione importante sull’omofobia.»

Segue Deperu che riporta vari sconfortanti casi di cronaca e ricorda «da ragazzino, alle medie, la paura di trovarmi sull’autobus che mi portava a casa, imprigionato con i bulli che mi prendevano di mira. È stato dai loro insulti, prima ancora che dalle mie riflessioni personali, che ho considerato il mio l’essere gay».

Il trasporto pubblico adotterà delle nuove misure antibullismo tra cui, come deterrenti tecnologici, un sistema di video sorveglianza. Inoltre, in occasione della giornata mondiale contro l’omofobia per tutta la settimana di Maggio verranno esposti negli autobus volantini e manifesti.

«Capita che le realtà scolastiche non siano adeguate ad affrontare il problema, che gli insegnanti non abbiano un atteggiamento adeguato come educatori» afferma Deperu.

Vladimir Luxuria Shake lgbte Conegliano Veneto

(presenti al convegno anche rappresentanti di Shake lgbte Conegliano Veneto)

«Il bullismo omofobico insegna al soggetto discriminato a nascondersi – sostiene Margherita Bottino durante il suo intervento – è un bullismo che ha delle specificità, tra cui la paura di dirlo alla famiglia e la paura degli stessi insegnanti, spesso inoltre non si dirige verso l’orientamento sessuale ma ciò su cui si fa pressione è il ruolo di genere. L’appartenenza al ruolo di genere è il pregiudizio più forte».

L’omosessualità come stigma che si può decidere di nascondere comporta un notevole incremento dello stress. Il bullismo produce sintomi fisici, isolamento cui segue assenteismo da scuola, che ne compromette il profitto, in aggiunta ansia, incidenza più alta di depressione e autolesionismo.

Vladimir Luxuria che chiude il convegno aggiunge che il bullismo omofobico non è la parola del momento o il gesto in sé ma un’operazione costante di logoramento, sei sempre in allerta, sempre sotto stress.

L’ospite d’eccezione poi riporta episodi dalla sua storia personale e altri fatti di cronaca tra cui l’incredibile storia del ragazzino di nove anni che ha tentato di impiccarsi o quei ragazzi che si lasciano cadere da un edificio. Dopo aver ripetuto con veemenza che non si tratta di iniziative politiche si chiede «Chi ha spinto i ragazzi nel vuoto? Di chi è quella mano invisibile?»

Il bullismo omofobico ti conduce in un isolamento e un malessere che anche gli adulti, nei confronti del ragazzo, fanno fatica ad affrontare; e sarà così finché la nostra società non sarà capace di esprimersi apertamente contro. «La parte sbagliata della società sono anche i mandanti, le battutine, il tacito assenso. Oltre al bullo ci sono gli attendenti.»

«Io ho ferite che mi porto dentro e che però considero le mie medaglie – confessa Luxuria – ma quando leggo quello che succede, tutti gli assurdi eventi di cronaca, queste ferite tornano di nuovo a sanguinare.»

Omosessuali figli delle tenebre

per un’autentica comprensione del ruolo della famiglia nella società

CONEGLIANO: 15 marzo alle due di pomeriggio presso La Nostra Famiglia si svolgono quattro ore di convegno dal titolo Padre e Madre o Genitore 1° e 2°, promosso dal Movimento per la vita “Dario Casadei” di Conegliano, dalla Pastorale Diocesana di Treviso e Vittorio Veneto, sponsorizzato da Banca Prealpi e patrocinato dal Comune di Conegliano, giunta Zambon, la stessa che ha patrocinato il gay-pride coneglianese promosso dall’ass. Shake lgbte qualche mese prima. È presente circa una cinquantina di persone.

la-Nostra-Famiglia-Conegliano

Ai saluti di Don Martino, rappresentante la diocesi di Vittorio Veneto, il quale ribadisce l’esigenza di difendere la vita e la famiglia, seguono quelli di Antonio Cancian, parlamentare europeo «sono stato imbarazzato anche solo nell’aver ricevuto il volantino» ammette, perché la grafica rappresenta oltre allo stereotipo di famiglia tradizionale i due di famiglia omosessuale e prosegue «la lotta al bullismo non c’entra niente con questo sovvertimento dei canoni antropologici e biologici della differenza sessuale. […] La famiglia è una verità antropologica.»

Il sindaco Floriano Zambon leggermente criptico parla di «battaglie importanti» e di «questioni che meritano una riflessione». Così anche Bruno Nardin, ULSS7.

Gino Soldera, Presidente MpV, in introduzione dice che la teoria del gender è «un attacco alla famiglia e così alla stessa struttura sociale», un attacco all’eterosessualità.

Seguono gli interventi scientifici di Bruno Mozzanega, Ostetrico-Ginecolo dell’Università di Padova: «Nel cervello esiste il bimorfismo? Ci sono delle differenze, ma da qui a considerarle differenze nei caratteri fenotipici secondari ne passa» e di Astolfo Romano, statistico sociale che presenta a proposito del tema: verso una società senza padri e senza madri una disamina statistica non senza un gusto apocalittico.

Gian Luigi Gigli, membro della Commissione Affari Sociali alla Camera dei Deputati, entra nel merito ed espone le linee direttive del progetto omosessualista che si oppone al «progetto della procreazione». Le lobby gay internazionali sono sostenute da estese multinazionali e potenti fondazioni tra cui la Rockefeller Foundation e Goldman Sachs. Queste ultime, in accordo con il progetto, vogliono eliminare l’identità perché ultimo baluardo contro le loro logiche di dominio. Dell’identità sono tre le questioni da scardinare, la famiglia, la fede e l’identità sessuale, di queste tre mire consta l’ideologia del gender, strumento di propaganda del progetto omosessualista.

I libretti della Seibezzi per educare alla diversità sono «cose assurde e aberranti, sono stupidaggini che rasentano il ridicolo» così anche «la finalità della legge contro l’omofobia è impedire di considerare giusto ciò che rappresenta la norma, per arrivare alla procreazione artificiale.»

Ultimo intervento quello del concitato psicologo-psicoterapeuta Gianpaolo Mazzarra, il quale considera i ruoli sociali stabili per natura, in quanto entità sociologiche predefinite da un senso comune, non chiaro se variabile o meno, che è il buon senso, la norma e per esteso la natura.

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Chiudono il convegno Giuliana e Mario Bolzan, Forum Veneto delle Associazioni Famigliari, Mestre. Quest’ultimo dopo aver detto che «gli uomini dovrebbero riscoprire il fascino della vocazione alla felicità» si lascia andare e così si esprime «Loro sono i figli delle tenebre e noi i cavalieri della luce.»

Progetto Omosessualista

Lo pseudo convegno veronese sulla famiglia del domani.

Ricordate il convegno promosso da Famiglia Domani a Verona e difeso pubblicamente dal sindaco Flavio Tosi?

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VERONA sabato 21 settembre al Palazzo della Gran Guardia si svolge il “convegno” sulla teoria del gender: per l’uomo o contro l’uomo? promosso dall’imparzialissima Associazione Famiglia Domani e dal Movimento Europeo per la Difesa della Vita (degli Altri) con il patrocinio della provincia e del comune.

Al primo piano dell’edificio due buttafuori controllano l’entrata della Sala Convegni del Palazzo e al piano terra, sotto il loggiato, gli interventi dei relatori sono trasmessi in videoconferenza, sorvegliata anche questa dalla polizia di stato. Poco più avanti numerose forze dell’ordine, con caschi neri, scudi e manganelli, sorvegliano il presidio di protesta organizzato dalle associazioni lgbt venete.

I relatori proposti si riconoscono in precisi e parziali e orientati ambiti di pensiero. Chiara Atzori è esperta di bioetica, ma propone davvero un dibattito imparziale su eutanasia e simili? Ci speravi? Matteo D’Amico è conferenziere in ambito di teologia morale. Vi lascio immaginare. Roberto Matte insegna Storia del Cristianesimo. Luca Galantini insegna all’Università Cattolica di Milano. Dina Nerozzi è autrice di testi scientifici i cui titoli riecheggiano inquietanti ricordi, ad esempio, Il ritorno allo stato etico. Mario Palmaro insegna bioetica alla -neanche a dirlo- Università Pontificia Regina Apostolorum di Roma ed è redattore della rivista reazionaria di apologetica cattolica il Timone.

L’inizio del convegno è dedicato allo scovare e ribadire secoli di pregiudizi e paradigmi e pregiudizievoli paradigmi. È vero, secoli fa l’omosessualità era perseguitata e quindi non risultava nelle leggi come regolamentata, ed è vero che, anzi, proprio attraverso le leggi è stato condannato Oscar Wilde, ma è altrettanto vero che prima dell’avvento del medioevo, ad esempio durante il periodo della Grecia classica, le cose erano ben diverse.

È accusato a più riprese lo Stato secolarizzato che ha sostituito alla vera Trinità sancita dai testi sacri, Padre, Figlio e Spirito Santo, una versione moderna di libertà, uguaglianza e fratellanza, pur sempre dogmatica ma finta, perché non ispirata. Lo Stato si appoggia perciò a dogmi che discendono dal paradigma dei diritti umani. Riporto gli argomenti cui si appoggiano queste persone perché è interessante capirli per smontarli. Vedete, se il progresso è un’illusione è allora in virtù di questa immutabilità che si dovrebbe asserire che si stava meglio prima? No, si stava “uguali”, quindi non è possibile migliorare e allora perché auspicano un ritorno alla santa inquisizione?

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Raccogliamo le opinioni a fine convegno, ma gli organizzatori alle domande se possono dirci qualcosa in più, come a quelle sui motivi e le necessità che hanno spinto a organizzarlo, o evitano di parlare o dicono di non averci nulla a che fare. Non rispondono volentieri e fanno finta che non esistiamo, forse perché non ci hanno mai visto in chiesa. Si riconferma dunque una totale chiusura al dialogo, un disprezzo di un uomo, magari femmineo, che non rientri nei loro canoni e quindi un’evidente ipocrisia celata nella frase «non siamo contro i gay».

«Ciò che è naturale è evidente, è sotto gli occhi di tutti fin dalla nascita.» ribadisce una signora che non vuole nemmeno far sapere il nome. Ecco, il modo di procedere della discussione da parte di alcuni è così banale e assolutizzante che finisce per ridurre anche le possibilità di risposta del destinatario. Il convegno è stato talmente parziale e in mala fede e volto solo a fare il lavaggio del cervello che è quasi impossibile rispondere argomentando; cosa si risponde allo scherno di un bambino?

E francamente non credo proprio che a loro sia evidente che cosa sia naturale, visto che l’omosessualità in natura occorre nelle stesse percentuali in cui è presente negli esseri umani, (che peraltro sono natura).

Il volantino promozionale «Se vogliamo evitare che questo progetto totalitario diventi una tragica realtà dobbiamo riscoprire il valore sociale, culturale e morale, dei princìpi e delle istituzioni su cui da secoli si fonda la nostra civiltà, a cominciare dalla famiglia naturale.»

Alla domanda su questo “progetto totalitario” ci viene detto che si tratta di omosessualismo.

Il termine identifica un movimento ideologico compatto ma esteso, appoggiato da lobby europee e internazionali, con un chiaro progetto politico ed economico. Gli aspetti di marketing del movimento sfruttano concetti quali libertà e piacere per sovvertire l’ordine del mondo col fine del profitto.

Se non compreso e arrestato in tempo questo progetto omosessualista porterà a uno sfacelo della società. Nel degrado e nella decadenza generalizzati dei costumi sussisterebbero, tra le altre, la pedofilia legalizzata e la generazione di uomini in provetta per il profitto delle multinazionali o per rendere tutti omosessuali.

Ma dove sono queste multinazionali? Forse non sapete che ci sono multinazionali che appoggiano movimenti estremisti e ultrareligiosi come le Sentinelle in piedi, vedi l’articolo.

Del suicidio di un ragazzo omosessuale

Un’identità scevra di appartenenze non ha bisogno di rispondere alla domanda nevrotica del: chi sono.

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Qual è il nodo problematico fondamentale di una cattiveria troppo umana e troppo poco trasvalutata che spinge al suicidio giovani omosessuali, o altri esasperati come questi? Dove si può individuare l’essenza di ciò, l’essenza di questa cattiveria? Nello spirito di appartenenza.

Si tratta di un’essenza non come “cosa in sé”, ma in un’ottica a noi contemporanea di debolezza non relativizzata, secondo un parziale punto di vista che la considera come una matrice, come elemento chiave, ingranaggio, nodo concettuale, polo di concentrazione delle intensità, stella. E la cattiveria non è niente di moralistico, ma soltanto qualcosa di osservato.

È da un comune senso di appartenenza che abbiamo avuto ordini, gerarchie, classi, così come, estendendo il concetto si potrebbero annoverare come effetti anche le tassonomie ossessive, definizioni, dizionari, lezioni e spiegazioni.

Chiunque stabilisca che la sua identità si rifà ad una appartenenza deve costruire qualcosa di eteronomo e dichiaratamente assolutista. Il terrorista propone verità con la maiuscola. Una identità debole ossia adattabile e non furiosa, non occludente e bigotta –l’esempio dell’omofobo medio–, non ha bisogno di rispondere alla domanda nevrotica del: chi sono.

Massimo D’Alema accantona il matrimonio gay.

Con le sue recenti dichiarazioni omofobe Massimo D’Alema ha sorpreso? No, chiaro. I gay non sono una priorità. La Costituzione Italiana non prevede famiglie omosessuali.

Anche se nella Costituzione non è espresso chiaramente che una donna e un’altra donna non si possano unire in matrimonio, anche se è soltanto una mera questione terminologica, D’Alema non si lascia intimorire.
Quello che è giusto è giusto. I nostri padri costituenti, per quanto liberali, intendevano bocciare qualsiasi espressione di libertà sessuale, qualsiasi libertà o equiparazione in qualsiasi campo era da evitare al momento della stesura della Costituzione.

Nonostante tali intenti la questione giuridica è sempre più incentrata sul concetto della terminologia “società naturale”.
Che cosa è naturale? Il buon senso? Quanto additiamo con normatività nel circostante?

Se queste sue idee sono mutevoli quanto la sua politica, allora la reazione che sorge naturale in tutti gli omosessuali che hanno ascoltato le dichiarazioni di Massimo D’Alema è di non preoccuparsi affatto.

Travaglio omofobo?

English: Marco Travaglio - photo 2 Italiano: M...

English: Marco Travaglio – photo 2 Italiano: Marco Travaglio a Canosa (Photo credit: Wikipedia)

Propongo una brevissima disamina a chi avesse dubbi in merito.

A sostegno della sua presunta omofobia è stato scritto che ha due figli e non ne parla mai, che ha una moglie che fa la casalinga e non ne parla mai. Questi sono argomenti molto deboli. Altri argomenti riguardano il suo scherzare sulla politica di Nichi Vendola.

L’estrema riservatezza di Marco Travaglio nei confronti del suo privato probabilmente risiede nel fatto che con il tipo di giornalismo d’attacco cui è solito, un nemico o due è anche solito raccoglierlo. E questa divisone pubblico-privato è ravvisabile a mio avviso anche nella questione a proposito di Nichi Vendola. Non attacca Vendola sulla base del suo orientamento sessuale, ma sul suo modo berlusconiano di fare politica.

Si insinua che Marco Travaglio sia tendenzialmente omofobo perché ha avuto come maestro Indro Montanelli, uomo dichiaratamente di destra. Un padre spirituale influenza la forma mentis o i valori che si mettono in campo nello svolgere il proprio lavoro, ma per questioni umane-umanitarie come i diritti lgbt è improprio parlare di ‘schieramenti’. E poi nel Regno Unito è la destra liberale ad essere a favore dei diritti lgbt. Se qualcuno vuole considerare Marco Travaglio come qualcuno che esprima posizioni da destra liberale, suppongo non lo si possa tacciare di omofobia, sempre se continua a mantenere una prospettiva liberale.

Altri argomenti a sostegno della sua omofobia sono che non vede di buon occhio i gay pride. Questo è un argomento che non mi sento di commentare non avendo fonti da citare. Essere contro il gay pride è una posizione sostenuta anche da molti omosessuali che presentano il –sociologicamente curioso e interessante– problema dell’omofobia interiorizzata. In ogni caso non ho mai sentito Marco Travaglio dire esplicitamente «Non vedo di buon occhio i gay pride» se mai lo farà dedicherò alla questione un altro post.

Per completezza vi copincollo un estratto di Marco Travaglio da il Fatto Quotidiano in cui scrive a proposito di omosessualità e di una dichiarazione agghiacciante di Renato Farina.

Chiedendo scusa alle signore, cito testualmente dall’editoriale di prima pagina sul Giornale di lunedì a firma Renato Farina (me l’ha segnalato un lettore, mi era sfuggito, non ci si può fare del male tutti i giorni):

Per me uccidere una persona è il delitto peggiore che esista, grida vendetta al cospetto di Dio. E non dovrebbero esistere graduazioni. Ma a lume di buon senso, quanto al danno sociale, siamo sicuri che sia più grave uccidere un omosessuale single che un padre di famiglia?

Se le parole hanno un senso, il Farina sta fornendo, sul quotidiano di famiglia del presidente del Consiglio, preziose indicazioni per orientare il mirino di killer, serial killer, canari, neonazi da spedizione punitiva, teste rasate con le mani che prudono, personcine così. Una specie di listino di borsa dei bersagli da escludere e da privilegiare. A lume del suo proverbiale buon senso, egli ritiene che, dovendo proprio ammazzare qualcuno (quando ci vuole ci vuole), è meglio sincerarsi che la vittima sia gay, in quanto notoriamente incapace di procreare. L’ideale sarebbe sceglierlo single, il gay, onde evitare che a piangere sulla sua bara ci sia anche un compagno, cioè un pubblico concubino contro natura, che guasterebbe il panorama e imbarazzerebbe gli eventuali Farina presenti alle esequie. E’ viceversa vivamente sconsigliabile assassinare padri di famiglia, per definizione eterosessuali e dunque di rango doppiamente superiore ai gay single: anzitutto perchè, lo dice il ragionamento stesso, accanto a ogni padre di famiglia ci dev’essere (o ci dev’essere stata) per forza una madre di famiglia e soprattutto ci devono essere dei figli.

Purtroppo i consigli ai cecchini si fermano qui, forse per motivi di spazio. Ma la speciale classifica dei soggetti socialmente più inutili, la cui eliminazione merita in tribunale la speciale “attenuante Farina”, si presta a ulteriori sviluppi che prima o poi andranno esplicitati. Se uno, per esempio, volesse incaponirsi a trucidare un eterosessuale col minimo danno sociale, sempre a lume di buon senso, dovrebbe concentrarsi sulla categoria degli impotenti scapoli che, non contenti di aver rinunciato a farsi una famiglia, hanno pure l’ardire di non procreare, e dunque, quanto a utilità sociale, sono molto prossimi ai gay, pur senza portare su di sé il marchio d’infamia della culattoneria: cioè, diciamolo, sono socialmente utili più o meno quanto un pelo superfluo.

Anche fra i padri e le madri di famiglia, poi, bisognerebbe operare qualche opportuna distinzione: una donna in menopausa vale molto meno di una potenziale partoriente, e così un uomo operato alla prostata non può certo rivaleggiare con un maschio italico nel fiore degli anni (senz’allusioni ad alte o basse cariche dello Stato, notoriamente fuori concorso). Molto al ribasso immaginiamo si collochino, nel fixing farinesco, i portatori di qualsivoglia handicap dalla cintola in giù che li escluda dal novero dei padri di famiglia effettivi o potenziali. Volendo poi sottilizzare ci sarebbero anche, a fondo classifica, i giornalisti che prendono soldi dai servizi segreti perché si credono in missione antiterrorismo per conto di Dio, come i Blues Brothers; si fanno chiamare Betulla; spìano colleghi e magistrati; pubblicano dossier farlocchi ispirati da Pio Pompa; infamano morti ammazzati come Enzo Baldoni; vengono espulsi dell’Ordine: si fanno eleggere
deputati; continuano a scrivere bestialità sul Giornale del premier. Non osiamo quantificare il danno sociale di una loro eventuale scomparsa dalla scena pubblica. Ma solo per il timore di svegliarci da un bel sogno.

Ci risiamo. Lettori del Giornale e Giovanardi contro i gay, contro lo spot Ikea

Questo blog appoggia l’idea pubblicitaria dell’Ikea, la quale,  pur sfruttando il dibattito a fini commerciali, ha detto a chiare lettere che è un negozio aperto a tutti i tipi di famiglie. Il colosso svedese ha preso posizione dunque. Ci piace.

E chi è contro l’essere gay? Vada da un artigiano.

10 ragioni per dire no ai matrimoni gay

le seguenti ragioni sono state pensate per essere un esperto sunto di quanti come noi si oppongono fermamente al matrimonio gay

1. Essere gay non è naturale. I veri italiani rifiutano ciò che è innaturale, come gli occhiali, le scarpe, il poliestere e l’aria condizionata.

2. Il matrimonio gay spingerà le persone a essere gay, allo stesso modo in cui far andare in giro persone alte vi fa diventare alti

3. Legalizzare il matrimonio gay aprirà la strada a ogni tipo di stile di vita folle. Le persone vorranno sposare i propri animali domestici, perché ovviamente un cane ha una personalità giuridica e i diritti civili per sposarsi

4. Il matrimonio eterosessuale esiste da moltissimo tempo e non è mai cambiato minimamente; le donne sono ancora una proprietà del marito, le nozze sono decise dai genitori, il padre ha diritto di vita e di morte sui figli, i neri non posso sposare i bianchi e il divorzio non esiste

5. Il matrimonio eterosessuale perderà valore se sarà permesso anche ai gay di sposarsi. La santitàdei sette matrimoni di Liz Taylor verrebbe distrutta

6. I matrimoni eterosessuali sono validi perché sono fertili e producono figli. Le coppie gay, quelle sterili e le persone anziane non devono potersi sposare, perché i nostri orfanotrofi sono vuoti e il mondo ha bisogno di più bambini

7. Ovviamente i genitori gay tirerebbero su figli gay, proprio come da genitori eterosessuali nascono soltanto figli eterosessuali

8. Il matrimonio gay è vietato dalla religione cattolica.

9. I bambini non saranno mai sereni ed equilibrati senza un modello maschile uno femminile a casa. Per questo nella nostra società quando un genitore è da solo, o perché è vedovo o perché è stato lasciato, gli vengono tolti anche i figli.

10. Il matrimonio gay cambierà i fondamenti della nostra società e noi non potremmo mai adattarcialle nuove norme sociali. Proprio come non ci siamo mai adattati alle automobili, al lavoro in fabbrica e all’allungamento della vita media.

 

liberamente tratto dal Web – NO COPYRIGHT INFRINGEMENT INTENDED – lo scrivo, non si sa mai

alla prossima

Arcivescovo di Trento: Gay si diventa

La notizia è stata diffusa sul web dall’immancabilmente puntuale UAAR (Associazione Atei Agnostici Razionalisti), un’associazione che in barba a Gianni Toffali ed altri estremisti, si propone di diffondere notizie a proposito di ateismo e anche omosessualità; quell’omosessualità tanto osteggiata dalle confessioni religiose più tradizionaliste.

[fonte della notizia http://www.uaar.it/news/2010/12/23/arcivescovo-di-trento-gay-si-diventa/]

Non scriverò un articolo perché questa dichiarazione non è davvero da prendere in considerazione come notizia.

Dede

hanno trovato il Luca era gay

Lo si può incontrare in una via di Milano, confuso tra la folla del
sabato, a fare acquisti con la fidanzata, attento a non spendere troppo
perché sta mettendo da parte i soldi per il matrimonio. Tranquillo,
«normale» come dice di se stesso, virgolette comprese. Chi lo avesse
conosciuto dieci anni fa potrebbe pensare di essersi sbagliato. Invece
è proprio Luca Di Tolve, nella sua nuova vita. «Quella – racconta – che
mi sono conquistato dopo sei anni di terapia riparativa
dell’omosessualità: tre rosari al giorno, gruppi di ascolto, studio
della Bibbia e dei testi di Josè Maria Escrivà, il fondatore dell’Opus
Dei. Adesso, finalmente, sono guarito».«Guarito», dice, come se essere gay
fosse una malattia, secondo le più bieche posizioni omofobiche. Eppure
Luca era omosessuale, e non uno tranquillo. Piuttosto uno da montagne
russe, capace di passare dalle eleganti suite newyorchesi al sesso
rubato in una «darkroom», dall’ufficio dove dirigeva un team di persone
a un parco di notte a consumare rapporti.

Il primo amore
Gay
lo è sempre stato, fin da bimbo. «Ricordo la mia infanzia a giocare con
le bambole e con le amiche del palazzo volevo sempre fare la mamma»,
racconta. Già allora i genitori si erano separati, lui viveva in un
monolocale a Milano con la mamma «troppo affettuosa, a volte soffocante
ma anche tanto indaffarata nella lotta per la sopravvivenza». Andò a
finire che in seconda media si innamorò perdutamente del suo compagno
di banco «bello, perfetto, forte e dolce allo stesso tempo». Amore non
corrisposto. E non solo: «Se ne accorse la prof, anzi, praticamente
tutti». Lo sospesero. «Rimasi a letto per giorni, gridavo il nome del
mio compagno nel sonno. Lo psicologo disse che ero il classico bambino
turbato per la separazione dei genitori e che un altro cambiamento
sarebbe stato dannoso».

Il sesso
Luca tornò
in classe, riuscì anche a diventare amico del suo «bello». Ma l’amore
quello no. «Rimaneva in me un vuoto che mai riuscii a colmare, i miei
studi andarono a rotoli, abbandonai la scuola». Dopo un po’ arrivò il
sesso, forse anche l’amore, con un ragazzo più grande. Il mondo
omosessuale si aprì davanti a lui, «un mondo finalmente pieno di colori
dopo tanta amarezza, sentivo di poter finalmente camminare da vincitore
e non da sconfitto».

La prima vittoria? Arrivare a Canale 5.
Batteva le mani, faceva apparizioni sporadiche, guadagnava quasi nulla
ma intanto conosceva meglio l’ambiente. Il passo successivo fu entrare
nel giro delle discoteche. Quando anche le discoteche iniziarono a
stargli strette passò a occuparsi della sezione turismo dell’Arci Gay.
Organizzava viaggi per omosessuali. Gli piacque talmente che pensò di
aver finalmente trovato la via giusta. Mise su un’agenzia sua,
specializzazione i viaggi a tema, soprattutto negli Usa, ma anche feste
ed eventi come il Gay Pride di Napoli.
«Ero amato, invidiato, avevo soldi, casa in centro, bei vestiti, in
tasca biglietti d’aereo per andare a fare shopping negli Usa quando
volevo». Il massimo, insomma. O forse no. «L’Aids marciava trionfante,
la vita di amici ventenni con i quali avevo diviso anni lieti, si
spegneva miseramente». Anche lui finì nella morsa dell’Hiv. Scomparve
il suo lavoro, un sieropositivo non può sottoporsi a una girandola di
viaggi e vaccinazioni. Si dissolsero le paillette, iniziò il periodo
peggiore. «Tornai a casa di mia madre, ormai risposata, e fu il mio
deserto». Ovvero, il momento delle darkroom, dei parchi, del sesso
disperato, degli stupefacenti. «Poi ho scoperto il buddismo, e sono
arrivate le canzoni. Ho vinto un concorso con testo dedicato a un Dio
non ancora decifrato bene».

La svolta
La
svolta avvenne per caso. Un giorno un amico omosex dimenticò a casa sua
alcuni appunti di filosofia. Luca li sfogliò per curiosità e s’imbattè
nelle teorie di Joseph Nicolosi. Spiega: «All’inizio ebbi voglia di
prendere a pugni questo signore e le sue idee. Però non riuscivo
nemmeno a liberarmene. In fondo che cos’era quell’andare in giro per
parchi se non la conferma che anch’io ero vittima di pulsioni, di
nevrosi di cui dovevo liberarmi? E perché non riuscivo a raggiungere la
felicità con un ragazzo, uno dei tanti conosciuti in quegli anni?
Perché nei maschi mi guardavo come in uno specchio, ma era della
diversità di una donna che avevo bisogno».

Abbandonò il buddismo, ritrovò il cristianesimo e scoprì per la prima volta l’identità di uomo. «Non
dico che sia stato facile, devi saper rinunciare, fermare la caccia al
sesso compulsivo che prima praticavo istintivamente».
Ci sono
voluti sei anni, qualche caduta qui e lì, molta volontà, anche – e un
tempo gli sarebbe apparso impensabile – tante preghiere. «Tre rosari al
giorno, i corsi del gruppo Chaire e quelli di Living Waters. Un anno fa
ho conosciuto la mia fidanzata. Di me sa tutto e ha accettato di starmi
accanto». Stanno mettendo da parte i soldi per sposarsi, conta di
farcela nel giro di due anni.