Da dove vengono i soldi delle sentinelle in piedi?

Il giorno 25 ottobre 2013 il marchio “Sentinelle in Piedi®” viene depositato presso l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi dal sig. Rivadossi Emanuele, che ha eletto domicilio presso la società Jacobacci & Partners S.p.A. di Torino. Presso quello studio di consulenza presta opera in qualità di “partner” Massimo Introvigne, reggente nazionale vicario di Alleanza Cattolica.
La notizia è riportata da un quotidiano online di dichiarato orientamento cristiano cattolico, per nulla a favore del matrimonio tra persone dello stesso sesso.

Il sito riscossacristiana.it appunto pubblica una mail privata di Introvigne, la quale mail risponde a un articolo precedente dello stesso sito cristiano. Nell’articolo i cristiani lamentano delle insolite e ingiustificate ingerenze dall’alto sulle modalità di svolgimento delle manifestazioni delle sentinelle in piedi. È inoltre presentata la possibilità dell’esistenza di società non dichiarate atte a finanziare e manovrare qualcosa che viene in realtà spacciato alla stampa e ai passanti come qualcosa di “spontaneo, manifetsato dal basso, nato attraverso il passaparola”. Ecco la velocissima risposta di Massimo Introvigne a seguito della pubblicazione dell’articolo.

Il giorno 13 abbiamo pubblicato l’articolo “Qualcuno vuole impadronirsi delle Sentinelle in Piedi?”. Nel cuore della notte tra ieri e oggi ci è arrivata una mail da Massimo Introvigne. Eccola qua:

Vi scrivo a nome della nostra cliente società Jacobacci & Partners S.p.A. oltre che mio personale.
Presa visione dell’articolo «Qualcuno vuole impadronirsi delle Sentinelle in piedi?» pubblicato sul vostro sito, che contiene informazioni fattualmente false sul sottoscritto e sulla società Jacobacci & Partners S.p.A. – società di deposito e gestione di brevetti e marchi, da non confondersi con lo Studio Legale Jacobacci & Associati, che ha soci diversi ed è appunto uno studio di avvocati associati -, vi invito a precisare con urgenza che:

1, La società Jacobacci & Partners (già Casetta, poi Jacobacci-Casetta) è stata fondata nel 1872, non nel 1996.

2. Per ovvi motivi, non posso avere fondato una società nata oltre ottant’anni prima della mia nascita.

3. Per chiunque conosca anche solo per sentito dire il mondo della proprietà intellettuale in Italia, presentare una società multinazionale con sedi in quattro Paesi, centinaia di dipendenti e decine di migliaia di brevetti e marchi in gestione come una sorta di «proiezione» del sottoscritto, il quale si occuperebbe minutamente dei singoli depositi di marchio, appare – più che assurdo – ridicolo.

Con i migliori saluti
Studio Legale Jacobacci & Associati
Massimo Introvigne

– – –

Questa risposta, più che una presa di distanza dall’articolo è parsa una ammissione di colpevolezza allo stesso Paolo Deotto di Riscossacristiana, che risponde:

– La Jacobacci & Partners SpA e lo Studio Legale Jacobacci & Associati (che sono stati confusi nell’articolo) hanno lo stesso indirizzo civico a Milano, Torino, Roma, Parigi e Madrid, come si può facilmente verificare al link[3] Quindi era facile sbagliarsi e rettificheremo il sottotitolo scrivendo “Ci siamo stupiti non poco quando abbiamo constatato che la dicitura “sentinelle in piedi” è stata depositata come “marchio” presso l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi del ministero dello Sviluppo Economico. La domanda di registrazione è stata presentata dal sig. Rivadossi Emanuele, che ha eletto domicilio presso la società Jacobacci & Partners S.p.A. di Torino, uno studio di consulenza. Presso questa Società presta la sua opera in qualità di “Partner” Massimo Introvigne, reggente nazionale vicario di Alleanza Cattolica.

– l’amico Massimo Introvigne mi fa dire cose che non ho mai detto. Dove mai ho scritto che la Società di sì ragguardevoli dimensioni (e faccio i miei complimenti. Bravi!) è una “proiezione” di Introvigne? Poiché io non ho detto queste cose, mi viene solo in mente un antico adagio latino derivante dalla mia modesta monolaurea: “Excusatio non petita… “ eccetera, il resto lo sappiamo. 

Si riferisce al detto che spiega come difendersi da qualcosa che non è mai stato nominato possa rivelarsi alla fine una auto-accusa indiretta. Viene spesso utilizzato come trucchetto per svelare l’assassino nelle trame di alcunI gialli scadenti.

Le perplessità che restano sono sottolineate dallo stesso Paolo Deotto:

1. una persona di Brescia decide di depositare il marchio delle “Sentinelle in Piedi”. Benissimo. Resta da capire perché se ne vada fino a Torino per fare un’operazione che non è davvero tanto complessa e che non penso che si possa effettuare solo a Torino. Tra Brescia e Torino c’è un po’ di distanza: km. 205,09 in linea d’aria e km. 230 per strada.

2. Questo signore arriva a Torino e sceglie, per depositare il marchio, una società “multinazionale con sedi in quattro Paesi, centinaia di dipendenti e decine di migliaia di brevetti e marchi in gestione”. Vuole andare sul sicuro, con professionisti in gamba. Bene.

3) In questa Società opera, in qualità di partner, proprio il dott. Massimo Introvigne, reggente nazionale vicario di Alleanza Cattolica. Il fatto può essere puramente casuale, non c’è dubbio.

4) Nulla ci autorizza a vedere chissà quali trame oscure per quanto esposto nei punti 1, 2 e 3.

Sono già abbastanza esplicative le perplessità del portavoce di riscossacristiana ma non è tutto.

Nei commenti c’è la testimonianza -seppur non verificabile- di Rita, una fervente cattolica che ha contribuito alla nascita delle Sip, come le chiama lei in gergo amicale, a Genova, ci spiega tutto:

«Che al Timone delle Sentinelle in Piedi ci sia Alleanza Cattolica e’ assolutamente vero. A Genova chi comanda il gruppo delle SiP (e non permette alcuna suddivisione dei compiti ne’ alcuna dialettica interna) e’ un manipolo di aderenti ad Alleanza Cattolica. Lo so perché ho contribuito alla nascita del gruppo di Genova.
I membri di Alleanza Cattolica sono comparsi solo dopo qualche riunione: avevano mandato avanti un’altra persona che si è autoproclamata portavoce unico. Ci hanno detto che non era necessaria alcuna organizzazione interna e chi chiedeva di discutere col gruppo le iniziative da assumere, democraticamente (essendo semplici cittadini pensavamo di poter utilizzare strumenti democratici), è stato accusato di voler dividere il gruppo e che in ciò era in azione niente meno che il diavolo.»

In un altro commento si vocifera che «Il portavoce milanese delle sentinelle è il figlio del responsabile in Lombardia di Alleanza Cattolica.»

Sulla base di queste informazioni, alla base del movimento delle sentinelle in piedi, che ricordo si autoproclama aconfessionale, è forse lecito dedurre un grande movimento di denaro proveniente da Alleanza Cattolica. È ilare che si proclamino aconfessionali soltanto perché sono riusciti ad arruolare islamici estremisti tra le loro fila. Ma è ancora più ilare che accusino le associazioni di volontariato lgbt di essere una grande e potente lobby che farebbe capo -nientemeno- alle tre grandi famiglie che governano il mondo. E i Rockefeller sono sempre sulla punta della lingua. È doveroso, invece, essere molto cauti nel lanciare accuse a ritta e a manca, perché la famosa accusa di essere alla conquista del mondo, ci ricordiamo, ha portato a mostruosità indicibili.

Tutte le informazioni presenti nell’articolo sono di pubblico dominio
Link di riferimento
link1 http://gayburg.blogspot.it/2014/08/chi-e-il-proprietario-delle-sentinelle.html
link2 http://www.riscossacristiana.it/sentinelle-piedi-introvigne-scrive-riscossa-cristiana-deotto-gli-risponde/
link3 http://www.jacobacci.it/Contacts/l/I

Lesbica non è un insulto, come capirlo

L’Arcigay di Reggio Emilia La Gioconda, personificato nella divina figura di Fabiana Montanari, lo scorso giovedì 16 Aprile ha ospitato la mostra fotografica itinerante Lesbica non è un insulto! nello spazio concesso dal locale Ghirba.

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Lesbica non è un insulto è un progetto che riceve il suo originale abbrivio dalla creatività di un gruppo di ragazze lesbiche. In seguito sostenuta da crowfunding, la mostra fotografica ha di mira l’accezione negativa del termine lesbica e si propone se non di rovesciarne l’invalsa percezione, di riempire la parola di un significato positivo.

Spunto di riflessione è il grado di fissità dei ruoli di genere di una data società, nel nostro caso quella italiana.

Dato dall’intrecciarsi di diverse variabili interagenti, il ruolo di genere deve la sua viscosità all’importanza che viene attribuita dal senso comune agli agglomerati sociali di senso e significati quali la religione, le tradizioni, i “si fa così”. Il loro grado di normatività più o meno alto è stabilito dal sentire comune a proposito della loro preminenza, è insomma il discorso riguardo il meccanismo del super-io sociale, dall’inesistente grande Altro.
Mentre sta camminando Paolo si accorge d’un tratto di aver sbagliato strada. È in un luogo affollato. Paolo non si gira sui tacchi e ritorna indietro ma aspetta di raggiungere l’angolo della strada per seguire il marciapiede e ritornare indietro percorrendo una via parallela. Perché? Per Paolo, individuo debole sotto questo aspetto, la normatività del grande Altro nel non mostrasi in pubblico come stupido o imbranato ha prevalso. Il concetto di desiderabilità sociale viene tenuto da conto in molti ambiti, tra cui la psicologia sociale. E gli esiti sono paradossali, senza contare che è uno dei forti deterrenti al coming out, ma torniamo alla mostra.

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Che cosa suscita la discriminazione?

LESBICA riunisce una duplice discriminazione: sul genere e sull’orientamento.
Nel calderone dei pregiudizi e della prospettiva di divinizzazione del padre, il maschio omosessuale è responsabile di un grave peccato di rinuncia al potere del maschio, mentre il maschio eterosessuale che ha fatto suo il compito “naturale/culturale” carica se stesso di una virilità doppia nell’apprezzamento di due lesbiche. Una delle frasi dipinte sul corpo delle ragazze è infatti “il nostro amore non è un film porno”.

La parola lesbica è denotata negativamente anche per il suo frequente uso nella pornografia mainstream e nel postporno, da cui il rispettivo disuso per la fruizione quotidiana.

In tutto questo discorso che mette in chiaro il funzionamento dei pregiudizi, la donna lesbica è elemento deprivato, un -1, perché c’è la donna e c’è la donna+lesbica. E perché bisogna degradarla? Perché con il suo atteggiamento, la lesbica è come se volesse raggiungere il potere del padre e compiere ciò che la normatività del nostro padre proibisce e ostenta al contempo.

Si potrebbero abbandonare tali vecchie discriminazioni e rivendicazioni e smettere anche di insistere con la pleonastica retorica della nuova soggettività femminile, basata involontariamente e con ingenuità sulla contrapposizione, e smettere dunque di attribuire tale contrapposizione anche al termine lesbica. Perché se si dice che la lesbica è un uomo allora, per la proprietà transitiva, ogni uomo è una lesbica. Assurdo.
Ci si chiede se certe contrapposizioni old-fashion di un certo femminismo datato finiscano per leggere la lesbica come l’evoluzione del complesso di elettra che si autodetermina. Data l’invidia del pene, lesbica sarebbe l’accentuazione di un rifiuto. Farneticazioni.

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Non serve un Ph.D. per capire che lesbica è un termine riferito a un* esser* uman*. Le migliaia di caratteristiche che differiscono da individuo a individuo non sono contemplate nel termine e non dovrebbero essere aggiunte.
Il mio vissuto racconta di donne che hanno dimostrato una straordinaria capacità combattiva, specie nei confronti dei più forti, scarsa remissione, perseveranza, grande capacità di instaurare legami duraturi e profondi. E tutto questo è dipeso dall’esser* uman*, non dal pregiudizio che pretende di addobbarlo.

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Gianfranco Amato e gender kit: ma che Montecavolo dici?

Premetto a scanso di querele che tutto il post è un’opinione personale, un’interpretazione distorta dei fatti. Visto che la libertà d’espressione è uno dei valori dei giuristi per la vita, non sarà certo nel loro interesse querelare una mera opinione descrittiva di quanto accaduto. (Ho paura.)

Alberto Nicolini e Gianfranco Amato

[nella foto: Alberto Nicolini, Rappresentante Arcigay Reggio Emilia, mentre viene ripreso da moderatore e dal pubblico e incitato con veemenza a terminare la domanda]

L’episodio è l’ennesimo convegno dal titolo Genitore 1 genitore 2, non più mamma e papà[1]. La sera del 29 Gennaio, a Montecavolo Reggio Emilia, il Movimento per la Vita, il Forum delle Associazioni Familiari di Reggio Emilia, con l’adesione della Comunità Eucaristica e dell’Associazione Salesiani Cooperatori danno spazio a Gianfranco Amato, presidente dei giuristi per la vita. Lo introduce Andrea Zambrano, giornalista di Prima Pagina, un giornale reggiano di dichiarato orientamento.[2]

Il personaggio conduce una sorta di spettacolo durante il quale paventa scenari apocalittici.

Si comincia con il considerare il tentativo di introdurre l’aggravante omofobia senza definirne il presupposto. Nel DDL Scalfarotto infatti non è specificato che cosa si intenda con reato di omofobia, né è spiegato il termine omofobia stesso. Ciò porterebbe a una deriva totalitaria da parte delle interpretazioni dei giudici al momento di giudicare un atto di omofobia. Ma la soluzione non è specificare che cosa si intenda con omofobia, traendo peraltro spunto dalla giurisprudenza anche di altri paesi, ma semplicemente non approvare l’intero DDL. Forse il motivo è impedire che l’omosessualità rientri anche indirettamente in qualche forma di tutela diretta. Questo potrebbe essere uno degli esempi di omofobia da introdurre nella legge.

Il DDL estende un’aggravante penale, riservata a episodi di antisemitismo e razzismo, ai reati di omofobia, cioè motivati dall’odio nei confronti delle persone omosessuali. Ma tale precisazione istituzionale non serve perché per Amato bastano i motivi abietti e, d’altra parte, forse c’è ancora qualcuno che vuole provare repulsione verso l’omosessualità.

Quello che l’avv. Amato alla fine rivela è che, dopo il DDL, diventerà complicato impedire a qualcuno di considerare apertamente e pubblicamente l’omosessualità come un comportamento intrinsecamente disordinato e contro il diritto naturale.

Altre argomentazioni volte a spaventare la platea riguardano l’introduzione di quote arcobaleno. Il riferimento continuo è alla dittatura gender e non all’insieme di studi critici e scientifici, mai redatti sulla base di considerazioni apodittiche, riuniti al plurale come gender studies.

Il momento più bello del convegno è stato quando si è spiegata l’opera di colonizzazione delle menti che il progetto omosessualista vuole compiere all’interno delle scuole attraverso la distribuzione dei gender kit. Ogni lobbysta lgbt al momento dell’iniziazione riceve un gender kit, con all’interno letteratura omosessualista, lista di preferenze di autori, bandiere rainbow, diabolici preservativi, etc. (non è stato detto, ho indagato).

Le ass. lgbt invece che occuparsi di fare informazione e fornire supporto a situazioni di bullismo, insignificante pretesto, starebbero invece progettando un indottrinamento sistematico delle nuove generazioni attraverso l’introduzione nelle scuole di bibliografia omosessualista, sempre presente nei gender kit, della quale farebbero parte gli stranoti libretti dell’UNAR, i quali sono paragonati dal relatore alle veline fasciste, in quanto consigliano l’uso di certi termini (gay) rispetto ad altri (frociodimerda). Scherzo.

Inoltre, stando a quanto riferisce l’Avvocato Gianfranco Amato, ci sarebbero scuole dove si costringono i bambini a vestirsi da bambine e viceversa, purtroppo non ho reperito casi da citare a sostegno di questa dichiarazione, semplicemente perché tutte le notizie presenti online sono di siti e giornali di parte, allora ho chiamato personalmente la scuola in Friuli e mi è stato negato categoricamente che fosse accaduto quanto propugnato durante la “conferenza”, perciò non prendo posizione. Forse si intendeva dire nel “convegno” che in alcune scuole non è proibito per un ragazzo indossare dei pantaloni rosa.

Le fiabe che poi vengono lette sono da considerarsi il terrore di ogni genitore, il quale sarà destituito a vita, sempre secondo le linee direttive del progetto omosessualista, della possibilità di educare i figli sulla base dei suoi preconcetti. In verità, il primo ostacolo di molti ragazzi omosessuali è la famiglia, la quale, spesso anche in buona fede, non riesce ad affrontare situazioni critiche, proprio perché non ne è a conoscenza, le fiabe aiutano, alcune vite hanno subìto tanto a causa di una impreparazione generalizzata ad affrontare il tema, risparmiarlo ad altre è diabolico.

È inutile scrivere che l’intervento di Gianfranco Amato è stato un comizio parziale, ideologico, una lezione per indottrinare, con il costante presagire sovvertimenti e conseguenze catastrofiche, una pura distribuzione di terrorismo al fine di scatenare paure infondate verso un gruppo eterogeneo e trasversale di individui di estrazioni, etnie e appartenenze diverse qual è la comunità lgbt, peraltro abituata ad essere oppressa e perseguitata, a volte –ahi-noi– dai suoi stessi appartenenti.

Alla fine l’avvocato ha venduto il suo libro (dis)informazione sul gender[3] alla cifra di 15 euro cadauno.

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[1] Preciso che da sempre, anche nei licei cattolici, sul libretto scolastico è scritto firma del genitore o di chi ne fa le veci. Non è scritto firma di papà o mamma visto che le situazioni posso essere tante, una ragazza potrebbe anche stare dalla nonna, per mille motivi diversi, la vicinanza della nonna con la scuola, quanto la nonna cucini bene, la possibilità che la mamma sia deceduta e via dicendo. La polemica è ovviamente sterile, visto l’utilizzo canonico nella legge del termine genitore o procuratore.

[2] Almeno per qualcuno dichiarare l’orientamento non è considerato moralmente deplorevole

[3] Gender ancora al singolare – ma la miriade di studi diversi? Non pervenuta.

Omocausto e sentinelle in piedi: i grandi problemi col reale

Seppure alcune ricerche antropologiche descrivano efficacemente i movimenti antigay in cui ci imbattiamo oggi, non problematizzano e non colgono il fondo teorico tutto religioso di questi fenomeni che si sviluppano da rapporti complessati con il reale.

«Sapete solo insultare, noi vogliamo gli argomenti»

«Noi organizziamo convegni, voi parate.»

Ho sintetizzato in due affermazioni gli argomenti principali dell’attuale lotta contro l’omosessualismo, mentre le mostruosità nazifasciste non hanno bisogno di esplicitazioni ulteriori.

La seconda affermazione è falsa, mentre la prima è circolare. Alla luce di ciò ritengo improbabile considerare schiaccianti le affermazioni di un certo conservatorismo.

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Cari amici,

La premessa, tutta personale, che vorrei anteporre all’intervento sull’omocausto, è che i matrimoni e le adozioni per le coppie omosessuali sono vittorie leggere della democrazia. Bisogna davvero ripensare i rapporti e i dispositivi concettuali in cui nuotiamo inconsapevoli.

Mi sono sempre riferito alle sentinelle in piedi come a individui come tutti noi ma contraddistinti da un gusto apocalittico. Non è un caso che questo genere di fenonemi antigay – e non serve una borsa di studio per capirlo – si sviluppi in ambienti dove le idee circolano ma senza libertà di connessioni, in ambienti in cui è forte la componente religiosa. Quest’ultima fa sempre riferimento al buon senso e al reale seppur si ritrova a negarli entrambi all’occorrenza, quando propone –con scaltra ratio– di amare i propri nemici e quando propone di vivere nel mondo ma non essere del mondo.

I militanti prolife leggono il reale in modo che sia razionale e ritengono che ciò che per loro è razionale sia fatto reale. [vedi questione sulla famiglia naturale della Cost. it. termine da sostituirsi con razionale]

La naturalità della società è la normatività dell’elemento ricorrente e dire che le foglie sono verdi significa legittimarsi come gli unici a vedere le cose come stanno, come gli unici paladini della vita contro i cavalieri neri della morte. E chi cavalca gli oscuri destrieri? Per la precisione le lobby gay del nord del mondo. Se mi stanno leggendo gli “uomini” di tali associazioni lobbistiche di invertiti che camminano con le orecchie, lancio un appello di aiuto, continuate pure questa opera apocalittica di distruzione di massa ma aiutate gli omosessuali indigenti.

Ritorno serio. È cristallino che, per queste frange estremiste, naturale è sinonimo di morale; ma soprattutto di razionale. Così la sovrastruttura etica è biologia, è dna, è evidenza. L’approccio delle scienze oggi resta critico, scientifico, ma alcuni trovano sia più facile farsi abbagliare da presunte verità paradigmatiche.

Comunque il parametro della frequenza non è abbastanza per additare qualcosa come naturale, come non lo è quello degli ‘usi e costumi’. Come non esiste che Tizio e Caio, sulla base di qualche osservazione, ascrivano del finalismo a un concetto per niente delineato come quello di natura, o, peggio, lo personifichino.

Perché alcune religioni hanno problemi con gli omosessuali?

Alla luce di quanto ho scritto nell’incipit ritengo sia ovvia la risposta. La fede opera sulla realtà il cambiamento necessario a renderla vera, a rendere la sua consolante verità. Qualcosa che esuli dalla nostra buona e giusta lettura non può essere accettato. Ordiniamo le cose del mondo. Ordine. Con relativa controparte caotica.

Così, lo sterminio di omosessuali, asociali, nomadi, ebrei, si è potuto perpetuare in virtù di un cambiamento di mentalità ordito sulle masse. Prima si rende l’essere umano minoranza, poi subumano, infine oggetto e poi più nulla; l’annientamento sociale è in vista di quello fisico. Questi cambiamenti sono possibili soltanto operando in modo religioso sul reale (anche l’ateismo acritico è religioso), ma solo quel reale che si rende sconvolgente. Alcuni preti in Uganda ritengono che il rapporto amoroso tra due individui di sesso maschile sia all’insegna della coprofagia reciproca [vedi video youtube], ecco che per alimentare il disprezzo si servono di paura e shock.

La reazione spropositata avutasi in Italia con i movimenti provita è l’ennesima riprova che il discorso regge. Specie in una società famigliocentrica quando il pericolo è dirottato volutamente sui bambini.

Le sentinelle in piedi si presentano come difensori della realtà, i loro discorsi sono il registro dell’evidenza, del buon senso rassicurante. È forte il bisogno di rassicurarsi tra loro, proprio come accade con i messaggi della religione o come accade per la religiosa proposta di un aldilà. Il nemico si chiama agenda gender oppure dittatura del gender mentre gli studi queer o gli studi sul genere sono diversificati e mai acritici, e sono inoltre attribuibili a studiosi di diverse estrazioni sociali, da differenti parti del mondo, che abbracciano tanti credo o sono atei o agnostici.

Contenuto nostalgico è anche il richiamo alla salvezza. E il riferimento costante alla realtà si configura all’interno di questo schema che comprende anche il perdono del padre. Il padre è la fonte normativa per eccellenza nello schema che costruisce i rapporti in senso patriarcale – schema che va via via dissipandosi verso una società senza padri [A. Mitscherlich, Verso una società senza padri] – e forte resta in queste frange il bisogno di ordine.

Mi scuserete se per questo post non approfondisco ulteriormente il discorso dio-padre, rischierei di perdere il filo, ma osservo che, stando alle tesi proposte, il gender, pensato dalla parte delle sentinelle ed espresso al singolare come dev’essere per l’elemento dittatoriale, è il progetto di denaturalizzazione della società. Dire che la tal cosa denaturalizza significa asserire di conoscere ciò che invece è naturale.

La volontà di conoscere come la società si debba determinare è una tesi che possiede un vivo e doloroso parallelismo con le tesi che precedono l’omocausto e ne attivano le mostruosità.

Il nazismo, tra le altre, era infatti una imposizione normativa e categoriale in vista di una società migliorata e le proposte perseguite discendevano sempre da uomini la cui pretesa era quella di aver capito e conosciuto come le cose dovessero andare: la Natura. Ma la natura è un concetto umano, frutto di una tendenza tassonomica all’ordinamento delle cose del mondo, l’evidenza di averlo capito e di possederne la chiave è un’argomentazione inconsistente oltreché circolare.

Come osano degli esseri umani imporsi su altri esseri umani, elevarsi a componenti determinanti di un codice e tacciare altri di irrilevanza? Come se vi fosse davvero un unico codice. Chi sei tu per sostenere che la tua interpretazione non è una interpretazione ma un rispecchiare l’esattezza dell’essere delle cose del mondo. L’unico modo in cui si può pretende di leggere la natura è dopo aver convenzionalmente stabilito tutti insieme di averla scritta e istituita.

Io sono consapevole di parlare al vento, sono consapevole che il muro è ancora lì, per ora. So che il tempo saprà dare la giusta forza al contenuto. Auguriamoci almeno in occasione di questa giornata che anche chi non è in grado di imparare sia almeno capace di ricordare.

 

Con rispetto per tutti gli uomini e disprezzo per le addizioni, un abbraccio

Federico

In piazza contro la transfobia

Autodeterminazione: questa hybris delle hybris
Baffi alle ragazze e unghie smaltate per tutti gli altri. La transfobia a Padova si combatte in piazza. “Come staresti in un corpo che non ti appartiene?” — articolo con la descrizione dell’evento su Il Mattino di Padova del 22/11/14

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Una manciata di semestri fa il docente Adone Brandalise disse ai suoi studenti magistrali e a qualche studente triennale alla ricerca di nuove prospettive «viviamo in un periodo di corpi trasmutati». È la constatazione che il famoso e stracitato imporsi della tecnica, come movimento inerente l’essenza umana, ma anche come espressione pratica e moderna di posizioni assunte nel medioevo, ha raggiunto un livello in cui non può tollerare che gli si dica quanto è giusto spingersi. È l’espressione del dominio della propria natura.

Uno spettacolare atto di hybris per dirla raggruppando insieme delle parole in un grumo che non appartiene più all’altezza del nostro tempo. E, anche non potendo sollevare Ortega y Gasset dal cruccio di aver debellato chi sulle altezze dei tempi non è teoreticamente preciso, è proprio spogliando il tempo di una sequenzialità che non gli è propria che possiamo individuare come alcuni uomini restino al servizio della conservazione delle tappe raggiunte e pochi altri spingano per andare oltre. Forse è ora di smettere di camminare verso il tramonto ed è giunta l’ora di volgergli le spalle. Forse questo gusto apocalittico di voler a tutti i costi raggiungere la fine dei tempi è l’ultimo layout di pensiero lasciato in memoria da una vecchia installazione cristiana.

A questo atto di hybris ci si rivolge con un completo arsenale di gaiezza e buonumore perché l’autodeterminazione è la chiave della salute. Per quanto l’azione di disegnare dei baffi alle ragazze e smaltare le unghie dei ragazzi sia simbolica, e il simbolico sia stato assorbito dal consumo dei segni, il principio con cui noi sul patibolo moriremo – noi abusivo – è quello dell’autodeterminazione.

I maschi imparano dai maschi a fare i maschi

Volge al termine la triste saga di convegni sulla presunta Teoria del Gender organizzati a Piombino Dese dal sindaco Pierluigi Cagnin in concerto con la Chiesa parrocchiale, a seguito della nota dei vescovi del triveneto sui pericoli urgenti che omosessualità e supposte ideologie afferenti rappresentano per la famiglia L’ultimo intervento è di ieri, 28 Aprile, tenuto dalla psicologa dell’educazione Rita Bressan, unica relatrice, priva di contraddittorio. Sono più di duecento i partecipanti riunitisi alle nove di sera sotto il tendone in centro al paese in provincia di Padova. Diluvia. Sorvegliano l’evento ben quattro rappresentanti delle forze dell’ordine.

Piombino Dese

«Faccio attività di educazione nelle scuole da circa diciotto anni –esordisce la psicologa dell’educazione Rita Bressan– stimolo per iniziare la mia attività è stato sentire gli esperti che parlavano ai miei figli nelle scuole, mi davano grande preoccupazione, perché non avevano la mia stessa visione antropologica. –dopo aver infelicemente accostato nelle slide argomenti molto diversi tra loro, tra cui omosessualità, matrimonio gay, pedofilia e abusi sui minori, perché associati in questo modo dai bambini durante le attività proposte loro nei vari progetti con le scuole, Rita Bressan prosegue– io ho una visione precisa di che cosa è il maschile e il femminile […] vi presento una certa visione di uomo e di donna […] noi, come educatori, dobbiamo avere in mente, prima di parlare, che l’essere umano non è possibile venga visto in un’unica ottica. […] È dai maschi che i maschi imparano a fare i maschi, a comportarsi come maschi

Durante l’intervento sono presentate le risposte, a domande circa la sessualità, che i bambini forniscono nei vari incontri educativi come punti di partenza da cui trarre conclusioni su riflessioni antropologiche quali l’esistenza e il riconoscimento incondizionato di maschile e femminile e non sono state invece considerate, queste associazioni di bambini di elementari e medie, come i risultati di un determinato contesto familiare, ambientale, culturale del quale i più piccoli sono evidentemente lo specchio.

L’intervento è stato condivisibile sotto certi aspetti, tra cui quello di denuncia dell’eccessiva sessualizzazione del mondo della pubblicità. Ma, oltre a moraleggiare, ci si può chiedere perché il sesso irretisca così bene il desiderio e venda il 30% in più. Forse, sito com’è nell’interdetto con la pudicizia, nella legge del Padre con le imposizioni, suscita molto più interesse di altri fattori comunicativi; tant’è vero che a questo convegno sul tema sessualità e presunta teoria del gender i partecipanti erano oltre duecento. La sessualità susciterebbe lo stesso scalpore e desiderio se fosse vissuta senza i tradizionali paletti?

A fine convegno, alle domande di alcuni ragazzi di Arcigay Padova Tralaltro, che hanno partecipato con dispiacere anche al primo incontro con Introvigne, la psicologa ha risposto di non aver trattato di orientamento sessuale o identità di genere, per il suo intervento incentrato sulla sessualità, in quanto argomenti ancora interni a un dibattito. Ha preoccupato i ragazzi il fatto che la relatrice, per suffragare l’esistenza di teorie discordanti in merito, abbia citato Luca Di Tolve.

Al pubblico viene presentata la sessualità della persona come un concetto complesso, composto di varie componenti: biologica, culturale, ambientale, relazionale-affettiva. Le teorie attuali, trattano del concetto di identità sessuale. Costruito da varie componenti, sulle quali il dibattito è alla ricerca di nuova letteratura.

– Il sesso biologico è quello determinato geneticamente e rappresenta la componente biologica.

– L’orientamento sessuale stabilisce il genere o i generi verso cui ci si sente attratti.

– L’identità di genere è il genere a cui noi sentiamo di appartenere, quello che sentiamo più affine alla nostra identità.

– Il ruolo di genere è la componente culturale, è il ruolo che ci viene imposto dall’ambiente, dal nostro contesto, dalla società, fin dalla nascita, ma non è l’identità di genere cui noi sentiamo di appartenere, pur potendo eventualmente coincidere con questa identità di genere, non è la stessa cosa, ne differisce.

La distinzione tra identità di genere e ruolo di genere è importante e per niente sottile. Non è stata nominata durante il convegno.

Come nota conclusiva alla triste serie di incontri che ha visto alleati sindaco e parroco di Piombino Dese nel promuovere messaggi distorcenti, si riportano delle perplessità in merito a questi congetturati urgenti pericoli rappresentati dagli omosessuali cui incorrerebbero le famiglie di oggi, mentre si rilevano invece quali problemi reali su cui sarebbe forse più utile concentrare le note vescovili, il fenomeno della progressiva sparizione del ceto medio, l’eticità degli investimenti, la sfavorevole congiuntura economica cui versa l’Italia da non pochi anni. Non si hanno dubbi nel ritenere che di certo questi ultimi sono argomenti che rappresentano i veri pericoli urgenti e tangibili per le famiglie.

Chiudo il canale, non la lotta all’omofobia

Ringrazio di cuore tutti quelli che ho conosciuto e che hanno apprezzato il mio voler proporre la discussione sopra la sola risata.

«La lotta all’omofobia rappresenta un esercizio che non si può esaurire; non ora, non in questi termini.»

«Youtube ha inaugurato la mia e nostra battaglia.»

«Spingere il ragazzo a rispondere/interagire con il carnefice è pura barbarie, bisogna difenderlo.»

«Vale la pena chiudere il canale anche solo per poter cestinare le centinaia di migliaia di commenti omofobi»

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Voglio premettere che la quasi totalità delle persone con cui mi sono confrontato trova che le argomentazioni proposte nei mie video, quando non addirittura banali nella loro semplicità e verità, generalmente sono state sempre condivisibili e ragionevoli.

Chiudo il canale nato nel 2009. Il fenomeno del broadcasting individuale stava appena prendendo piede quando mi accingevo a registrarmi su Youtube, gli studiosi del 2.0 erano appena stati sguinzagliati. Io invece producevo. Non mi vergogno a scrivere che ero ben presente quando Youtube sembrava ancora qualcosa di libero.

A conti fatti YT è servito in un periodo di assestamento della mia vita a garantirmi l’appoggio sebbene virtuale di persone meravigliose che ringrazio fin d’ora per il loro sostegno, i loro messaggi personali, i commenti agguerriti, le lunghe chattate disinteressate. Questa confessione è anche un lungo e sentito ringraziamento. Devo loro molto, tra cui le cristalline considerazioni, per nulla banali al tempo, che l’orientamento sessuale, qualunque fosse, non rappresenta motivo di scherno né che da una sua espressione non-tradizionale debba discendere uno stigma. La remissività e lo sdegno magari componenti del mio carattere attuale sono inezie pusillanimi che Dede Nancy, di fronte a una telecamera, pensava bene di dimenticare del tutto.youtube

Il canale iosonodede è servito allo scopo di inaugurare una guerra che prima era combattuta solo da un fronte nei miei riguardi. Una situazione di ingiustizie subite, quest’ultima, che ho scoperto, soltanto dopo, accomunare molti adolescenti. Ma nel dolore dell’esclusione sociale si è soli per definizione. Dunque Dede segna l’inizio del mio controfuoco come necessità. Sarebbe bastato così poco per farla smettere, questa guerra, dico. Una riposta ben piazzata. Quando rispondi non se lo aspettano e affermi anche la tua estensione fisica, la tua presenza e, se lo fai bene, suscitando un riso-di-rimando, affermi anche la tua virilità. Ma perché questa dev’essere la strada? Il postmoderno mi aveva inconsapevolmente aperto a una chance diversa, più civile. Spingere qualcuno ad interagire con il carnefice inoltre è pura barbarie, questa frase vuole essere un monito. Ora che chiudo il canale la guerra è finita?

Attraverso quell’account ho imparato diverse cose e ho impattato con la società civile e la sua frammentazione. (Col canale ho anche tenuto compagnia alla mia professoressa di italiano del liceo, durante i giorni che ha trascorso in ospedale. E altro)

Ho notato, per dirne una già nota ai più, che con la formula della comicità si possono esprimere idee ben più terribili e mirate che con la discussione: il giullare vive, il moralista muore.

La comicità, anche grottesca, se suscita la risata dà all’utente la percezione di aver investito il suo tempo in benessere, qualunque sia l’argomento proposto. Inutile ribadire l’effetto neutralizzante di questo schema, come altrettanto inutile è riconsiderare che una impostazione dialogante aperta alla discussione (la mia) non è stata, come credevo, capace di attuare una ricerca della verità ma solo di costruire la poltrona dalla quale l’individuo moderno, senza dover camminare, monade e custode delle sue chiavi che sono un telecomando o un touch, si costruisce il suo paradiso.


Insomma, dato che ognuno suppone la sua verità, non mi era possibile intavolare una discussione se non in rarissimi momenti. Piuttosto interponevo delle battute ai messaggi che proponevo o cercavo di rendere una forma del contenuto più rilassata, per adeguarmi ai ritmi, ma tutto ciò è stato letto, al contrario, come superficialità.

Il motivo per cui chiudo Youtube è che ho trovato altri canali per combattere l’omofobia; canali compartecipati. In campagna la telecamera, in città l’associazione. Lo chiudo anche per il fatto che il mondo del lavoro non è adatto a forme evidenti di a-convenzionalità, sebbene premi la perseveranza di idee non-convenzionali, apprezzando quel uncommon creativo pur sempre finalizzato al profitto, che magari passa fugacemente per la creazione di benessere personale. La mancanza di convenzioni è il grande limite del mio personaggio, Dede non ascolta le regole perché si è ritrovato scaraventato all’esterno di queste, eppure mantiene nei confronti dell’altro, senza appartenenze, un incredibile rispetto. Mentre ironicamente sarei potuto essere rispettato maggiormente se ci avessi guadagnato. Ma questo non è mai accaduto ed è un altro discorso. Essere un pioniere di Youtube significa tratteggiarmi come un videomaker amatoriale che non ha disposto certo di mezzi cinematografici di alto livello, ma questo anche per una precisa scelta-di-contesto. Youtube non era Hollywood. Non era.

In realtà non nasco nemmeno proprio come attivista, dai 16 anni la mia campagna di informazione contro l’omofobia comincia per il motivo che anche io volevo esserci, mi sentivo escluso dalle dinamiche. Il ragazzo di campagna teme di essere solo al mondo è un leitmotiv già sentito, ma pur sempre da evidenziare. È difficile, non impossibile, che qualcuno che non sperimenta il ritrovarsi al di fuori della maggioranza, sostenga la minoranza. Anche grazie a una parziale esclusione da certe dinamiche si sviluppano delle sensibilità. Così l’attivismo. Nulla di autoesaltante. Anzi.

Ho letto tanti insulsi insulti, fra i quali però ho riconosciuto dei barlumi. Alcuni di quelli che insultavano sono ritornati poi a chiedere scusa, dicendo di essersi finalmente accettati come omosessuali. Rari casi. Non farò nomi e cognomi per motivi di privacy ma devo moltissimo anche a tutti quelli che mi hanno difeso. Il mito virile del maschio che non chiede e non si fa aiutare è caduto e comunque meno che meno è mai esistito tra i fasci di combattimento che sono gruppi per definizione, non singoli.

Se Tersite avesse avuto un canale Youtube, avrebbe forse riscattato se stesso e i soprusi subìti, specie quelli da parte di Odisseo –immagine del perfetto prevaricatore–. La telecamera l’avrebbe dipinto come vittima di bullismo perché portatore di una verità schiacciante. La telecamera spezza la catena. La rispostina, no. Se Tersite avesse avuto un canale non ci sarebbe magari stato tramandato in questa luce antieroica come invece è successo a causa della compiacenza di un poeta.

Certo non è bene tradurre il passato con la propria personale concettualità, ma questo è valido fino a un certo punto. No? Qual è il motivo per cui è calendarizzata la giornata della memoria se non perché non possiamo accettare lo scandalo del passato come veramente accaduto? Ricordare l’indicibile. Ma indicibile per noi, non per la concettualità di chi, nel passato, lo poteva concepire. Ma sto divagando.

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Perché mi sono proposto in modo eccessivo? Capelli biondi e trucco? L’essere eccessivo rientrava in una logica di diffusione più alta dei contenuti, questo schema mi è stato imposto, pena il non-esistere. L’eccessività di Dede Nancy rientrava anche in una sorta di voltairiano test di tolleranza dell’utente medio, tutto questo a scapito della produzione di una chiara fama in positivo. Non che la tolleranza sia un bene, la considero un presupposto.

Per molti italiani non v’è nulla di meno accetto del nuovo, tranne quando è innovativo. Questo nuovo o è chiaramente la comodità delle comodità o si deve ammantare di tradizionalismo per essere accettato. Un adolescente ragionevole e che riflette su tematiche importanti mentre i suoi coetanei ne sono completamente avulsi, è uno sprovveduto e un catalizzatore di insulti.

Sapete, non ho mai capito che problemi abbiano gli esseri umani con la virilità. Questi problemi si riflettono anche nel linguaggio (non nella langue), tanto che questo linguaggio è sempre pronto a deprezzare l’essere femminile, perché molle e passivo. Insomma, se ci si pensa un attimo, una donna connotata positivamente è una donna con le palle.

Ma l’insulto “vaffanculo” è un augurio! Significa “Salute, tanto sesso, tanti soldi, ecc.” A un “vaffanculo” si risponde “d’accordo, ti ringrazio.” Invece orrendo come insulto è, solo per fare un esempio, “auguri e figli maschi”. Suvvia, procediamo verso la società senza padri.

Se sapevo che ogni contenuto che proponevo, nel mio centinaio di video, sarebbe stato neutralizzato in partenza perché ognuno oggi si suppone garante di una inviolabile, personalissima e relativissima verità? No.

Amavo illudermi con lo spirito del martire. È infatti giusto che gli schiavi si lamentino di essere tali, come è giusto che qualcuno si lamenti di essere vessato e picchiato solo a causa di un polso ballerino. A questo mondo esiste il caos e non c’è un ordine naturale, per lo meno non è dato all’uomo percepirlo o conoscerlo, al massimo può tradurre certi aspetti del mondo –ma solo quello che esperisce– in linguaggio matematico, però a patto che tali considerazioni seguano esperimenti formulati in un paradigma, e comunque le formule non fanno di certo un tanto sbandierato ordine cosmico. Dico, è solo perché l’uomo è finito che è così ben visto l’infinito.

Spirito del martire. Fare la vittima?

Youtube e gli articoli vari, tra cui quelli sul mio blog La Penna Rossa, sono la prova che mi sono reso operativo invece che piangermi addosso e le collaborazioni con Shake lgbte, con Arcigay, con i vari enti e Comuni sono motivo di vanto. Certo conto sulla mano le volte del “ho letto il tuo blog” rispetto a quelle del “ho visto i tuoi video”.

Ora, se nel mondo gay è preferito il bello all’attivista a me non interessa. La mia lotta, come ho scritto, è nata non per farmi bello o esaltare la mia cultura, come pensano molti evidentemente con complessi culturali di inferiorità, ma per opporsi con fermezza agli pseudobulli, pseudobigotti, pseudofascisti e via dicendo. Con l’intento finale di azzerarli.

Nel mulino che vorrei non c’è spazio per l’omofobia della Barilla, né per il settarismo naturale degli adolescenti.

L’omosessualità d’altro canto manterrà sempre un vantaggio su altri tipi di divisioni; può raggiungere qualunque posto senza bisogno di propaganda, perché ci pensa la natura.

Che cos’è una telecamera?

La telecamera, che l’antieroe Tersite l’abusato non aveva, è la finestra con la quale ti affacci a un mondo apparentemente intero e parziale, nel senso distorto di una digitalizzazione. La telecamera associata a un sistema di broadcasting mondiale mi ha aiutato anche a incutere timore ai bulli ma nel frattempo mi ha caricato sulle spalle di riflessioni e responsabilità non richieste.

Vince lo slogan e il motto di spirito contro la barbarie, perché con la battuta non si passa per vittime ma per indifferenti superiori. E questo è appurato. Peccato che quando la sofferenza l’hai vissuta è difficile poi non prendersi sul serio e prodursi in proposizioni ilari. Ma ci si prova e molti ci riescono. I gruppi e la loro morale eteronoma e gretta non vedono che una minaccia nell’entusiasmo delle persone. Vessarmi era d’obbligo mentre cercavo di inaugurare per la mia vita un po’ di futuro. Quando attorno a te è fuoco, il futuro è lusso.

Ma producevo video per tutti i motivi che ho elencato, preparavo testi e stampavo e leggevo anche perché è indicibile d’altra parte la soddisfazione che ricevevo tutto le volte che mi venivano recapitati, via mail o nella posta del canale, messaggi che mi ringraziavano anche solo di esistere. Qualcosa che non avrò più.

Con la chiusura del canale finisce la lotta all’omofobia?

La lotta all’omofobia è l’esercizio di una guerra fisica e psichica mai interrotta ma solo allentata in certi momenti. Per questo dibattito –che non dovrebbe aver motivo d’esistere!– incentrato sulle espressioni omofobiche, il web rappresenta una fonte di sostentamento cosmopolita. Purtroppo con le piattaforme ho conosciuto, come altri assieme a me, anche tutta quella reflua ignominia che scorre dalle tastiere del mondo. È il caso di dirlo, vale la pena chiudere il canale, se non per la cancellazione della mia faccia dal web, almeno per il fatto di poter cestinare le centinaia di migliaia di commenti omofobi.

Riporto alcuni commenti che danno una cifra sommaria di quale fosse la partecipazione contro l’omofobia


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Forte messaggio contro bulli omofobi

Istituzioni e azienda ATAP collaborano con Arcigay Friuli contro bulli negli autobus e nelle scuole

PORDENONE. A Pordenone si stringe un’alleanza tra Arcigay e l’azienda del trasporto pubblico per prendere una netta posizione contro il bullismo omofobico. Venerdì 21 Marzo alle 18 presso la sala convegni dell’autoparco ATAP si tiene la conferenza che ricapitola i successi ottenuti dal Progetto Scuole regionale e riporta la situazione del bullismo omofobico in regione.

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L’iniziativa “La libertà d’amare viaggia con noi: bullismo omofobico, luci e ombre in Friuli Venezia Giulia” ha come testimonial d’eccezione Vladimir Luxuria.
Presenti al convegno il Presidente ATAP Mauro Vagaggini, Giacomo Deperu, presidente Arcigay Friuli “Nuovi Passi” di Udine e Pordenone, la psicologa psicoterapeuta Margherita Bottino e diverse istituzioni, tra cui Sara Rosso, presidente Commissione Pari Opportunità del comune di Udine, il sindaco di Cordenons Mario Ongaro e Nicola Conficoni, assessore Ambiente e mobilità. Le presenze sono di circa un centinaio.

«Atap è da anni attenta alle problematiche sociali – ha dichiarato Vagaggini – Il tema del bullismo ci sta particolarmente a cuore perché riguarda i giovani, che rappresentano la maggior parte della nostra utenza. Siamo orgogliosi di essere una delle prime, se non la prima, azienda di trasporto pubblico in Italia, che promuove una riflessione importante sull’omofobia.»

Segue Deperu che riporta vari sconfortanti casi di cronaca e ricorda «da ragazzino, alle medie, la paura di trovarmi sull’autobus che mi portava a casa, imprigionato con i bulli che mi prendevano di mira. È stato dai loro insulti, prima ancora che dalle mie riflessioni personali, che ho considerato il mio l’essere gay».

Il trasporto pubblico adotterà delle nuove misure antibullismo tra cui, come deterrenti tecnologici, un sistema di video sorveglianza. Inoltre, in occasione della giornata mondiale contro l’omofobia per tutta la settimana di Maggio verranno esposti negli autobus volantini e manifesti.

«Capita che le realtà scolastiche non siano adeguate ad affrontare il problema, che gli insegnanti non abbiano un atteggiamento adeguato come educatori» afferma Deperu.

Vladimir Luxuria Shake lgbte Conegliano Veneto

(presenti al convegno anche rappresentanti di Shake lgbte Conegliano Veneto)

«Il bullismo omofobico insegna al soggetto discriminato a nascondersi – sostiene Margherita Bottino durante il suo intervento – è un bullismo che ha delle specificità, tra cui la paura di dirlo alla famiglia e la paura degli stessi insegnanti, spesso inoltre non si dirige verso l’orientamento sessuale ma ciò su cui si fa pressione è il ruolo di genere. L’appartenenza al ruolo di genere è il pregiudizio più forte».

L’omosessualità come stigma che si può decidere di nascondere comporta un notevole incremento dello stress. Il bullismo produce sintomi fisici, isolamento cui segue assenteismo da scuola, che ne compromette il profitto, in aggiunta ansia, incidenza più alta di depressione e autolesionismo.

Vladimir Luxuria che chiude il convegno aggiunge che il bullismo omofobico non è la parola del momento o il gesto in sé ma un’operazione costante di logoramento, sei sempre in allerta, sempre sotto stress.

L’ospite d’eccezione poi riporta episodi dalla sua storia personale e altri fatti di cronaca tra cui l’incredibile storia del ragazzino di nove anni che ha tentato di impiccarsi o quei ragazzi che si lasciano cadere da un edificio. Dopo aver ripetuto con veemenza che non si tratta di iniziative politiche si chiede «Chi ha spinto i ragazzi nel vuoto? Di chi è quella mano invisibile?»

Il bullismo omofobico ti conduce in un isolamento e un malessere che anche gli adulti, nei confronti del ragazzo, fanno fatica ad affrontare; e sarà così finché la nostra società non sarà capace di esprimersi apertamente contro. «La parte sbagliata della società sono anche i mandanti, le battutine, il tacito assenso. Oltre al bullo ci sono gli attendenti.»

«Io ho ferite che mi porto dentro e che però considero le mie medaglie – confessa Luxuria – ma quando leggo quello che succede, tutti gli assurdi eventi di cronaca, queste ferite tornano di nuovo a sanguinare.»

Omosessuali figli delle tenebre

per un’autentica comprensione del ruolo della famiglia nella società

CONEGLIANO: 15 marzo alle due di pomeriggio presso La Nostra Famiglia si svolgono quattro ore di convegno dal titolo Padre e Madre o Genitore 1° e 2°, promosso dal Movimento per la vita “Dario Casadei” di Conegliano, dalla Pastorale Diocesana di Treviso e Vittorio Veneto, sponsorizzato da Banca Prealpi e patrocinato dal Comune di Conegliano, giunta Zambon, la stessa che ha patrocinato il gay-pride coneglianese promosso dall’ass. Shake lgbte qualche mese prima. È presente circa una cinquantina di persone.

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Ai saluti di Don Martino, rappresentante la diocesi di Vittorio Veneto, il quale ribadisce l’esigenza di difendere la vita e la famiglia, seguono quelli di Antonio Cancian, parlamentare europeo «sono stato imbarazzato anche solo nell’aver ricevuto il volantino» ammette, perché la grafica rappresenta oltre allo stereotipo di famiglia tradizionale i due di famiglia omosessuale e prosegue «la lotta al bullismo non c’entra niente con questo sovvertimento dei canoni antropologici e biologici della differenza sessuale. […] La famiglia è una verità antropologica.»

Il sindaco Floriano Zambon leggermente criptico parla di «battaglie importanti» e di «questioni che meritano una riflessione». Così anche Bruno Nardin, ULSS7.

Gino Soldera, Presidente MpV, in introduzione dice che la teoria del gender è «un attacco alla famiglia e così alla stessa struttura sociale», un attacco all’eterosessualità.

Seguono gli interventi scientifici di Bruno Mozzanega, Ostetrico-Ginecolo dell’Università di Padova: «Nel cervello esiste il bimorfismo? Ci sono delle differenze, ma da qui a considerarle differenze nei caratteri fenotipici secondari ne passa» e di Astolfo Romano, statistico sociale che presenta a proposito del tema: verso una società senza padri e senza madri una disamina statistica non senza un gusto apocalittico.

Gian Luigi Gigli, membro della Commissione Affari Sociali alla Camera dei Deputati, entra nel merito ed espone le linee direttive del progetto omosessualista che si oppone al «progetto della procreazione». Le lobby gay internazionali sono sostenute da estese multinazionali e potenti fondazioni tra cui la Rockefeller Foundation e Goldman Sachs. Queste ultime, in accordo con il progetto, vogliono eliminare l’identità perché ultimo baluardo contro le loro logiche di dominio. Dell’identità sono tre le questioni da scardinare, la famiglia, la fede e l’identità sessuale, di queste tre mire consta l’ideologia del gender, strumento di propaganda del progetto omosessualista.

I libretti della Seibezzi per educare alla diversità sono «cose assurde e aberranti, sono stupidaggini che rasentano il ridicolo» così anche «la finalità della legge contro l’omofobia è impedire di considerare giusto ciò che rappresenta la norma, per arrivare alla procreazione artificiale.»

Ultimo intervento quello del concitato psicologo-psicoterapeuta Gianpaolo Mazzarra, il quale considera i ruoli sociali stabili per natura, in quanto entità sociologiche predefinite da un senso comune, non chiaro se variabile o meno, che è il buon senso, la norma e per esteso la natura.

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Chiudono il convegno Giuliana e Mario Bolzan, Forum Veneto delle Associazioni Famigliari, Mestre. Quest’ultimo dopo aver detto che «gli uomini dovrebbero riscoprire il fascino della vocazione alla felicità» si lascia andare e così si esprime «Loro sono i figli delle tenebre e noi i cavalieri della luce.»

Progetto Omosessualista

Lo pseudo convegno veronese sulla famiglia del domani.

Ricordate il convegno promosso da Famiglia Domani a Verona e difeso pubblicamente dal sindaco Flavio Tosi?

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VERONA sabato 21 settembre al Palazzo della Gran Guardia si svolge il “convegno” sulla teoria del gender: per l’uomo o contro l’uomo? promosso dall’imparzialissima Associazione Famiglia Domani e dal Movimento Europeo per la Difesa della Vita (degli Altri) con il patrocinio della provincia e del comune.

Al primo piano dell’edificio due buttafuori controllano l’entrata della Sala Convegni del Palazzo e al piano terra, sotto il loggiato, gli interventi dei relatori sono trasmessi in videoconferenza, sorvegliata anche questa dalla polizia di stato. Poco più avanti numerose forze dell’ordine, con caschi neri, scudi e manganelli, sorvegliano il presidio di protesta organizzato dalle associazioni lgbt venete.

I relatori proposti si riconoscono in precisi e parziali e orientati ambiti di pensiero. Chiara Atzori è esperta di bioetica, ma propone davvero un dibattito imparziale su eutanasia e simili? Ci speravi? Matteo D’Amico è conferenziere in ambito di teologia morale. Vi lascio immaginare. Roberto Matte insegna Storia del Cristianesimo. Luca Galantini insegna all’Università Cattolica di Milano. Dina Nerozzi è autrice di testi scientifici i cui titoli riecheggiano inquietanti ricordi, ad esempio, Il ritorno allo stato etico. Mario Palmaro insegna bioetica alla -neanche a dirlo- Università Pontificia Regina Apostolorum di Roma ed è redattore della rivista reazionaria di apologetica cattolica il Timone.

L’inizio del convegno è dedicato allo scovare e ribadire secoli di pregiudizi e paradigmi e pregiudizievoli paradigmi. È vero, secoli fa l’omosessualità era perseguitata e quindi non risultava nelle leggi come regolamentata, ed è vero che, anzi, proprio attraverso le leggi è stato condannato Oscar Wilde, ma è altrettanto vero che prima dell’avvento del medioevo, ad esempio durante il periodo della Grecia classica, le cose erano ben diverse.

È accusato a più riprese lo Stato secolarizzato che ha sostituito alla vera Trinità sancita dai testi sacri, Padre, Figlio e Spirito Santo, una versione moderna di libertà, uguaglianza e fratellanza, pur sempre dogmatica ma finta, perché non ispirata. Lo Stato si appoggia perciò a dogmi che discendono dal paradigma dei diritti umani. Riporto gli argomenti cui si appoggiano queste persone perché è interessante capirli per smontarli. Vedete, se il progresso è un’illusione è allora in virtù di questa immutabilità che si dovrebbe asserire che si stava meglio prima? No, si stava “uguali”, quindi non è possibile migliorare e allora perché auspicano un ritorno alla santa inquisizione?

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Raccogliamo le opinioni a fine convegno, ma gli organizzatori alle domande se possono dirci qualcosa in più, come a quelle sui motivi e le necessità che hanno spinto a organizzarlo, o evitano di parlare o dicono di non averci nulla a che fare. Non rispondono volentieri e fanno finta che non esistiamo, forse perché non ci hanno mai visto in chiesa. Si riconferma dunque una totale chiusura al dialogo, un disprezzo di un uomo, magari femmineo, che non rientri nei loro canoni e quindi un’evidente ipocrisia celata nella frase «non siamo contro i gay».

«Ciò che è naturale è evidente, è sotto gli occhi di tutti fin dalla nascita.» ribadisce una signora che non vuole nemmeno far sapere il nome. Ecco, il modo di procedere della discussione da parte di alcuni è così banale e assolutizzante che finisce per ridurre anche le possibilità di risposta del destinatario. Il convegno è stato talmente parziale e in mala fede e volto solo a fare il lavaggio del cervello che è quasi impossibile rispondere argomentando; cosa si risponde allo scherno di un bambino?

E francamente non credo proprio che a loro sia evidente che cosa sia naturale, visto che l’omosessualità in natura occorre nelle stesse percentuali in cui è presente negli esseri umani, (che peraltro sono natura).

Il volantino promozionale «Se vogliamo evitare che questo progetto totalitario diventi una tragica realtà dobbiamo riscoprire il valore sociale, culturale e morale, dei princìpi e delle istituzioni su cui da secoli si fonda la nostra civiltà, a cominciare dalla famiglia naturale.»

Alla domanda su questo “progetto totalitario” ci viene detto che si tratta di omosessualismo.

Il termine identifica un movimento ideologico compatto ma esteso, appoggiato da lobby europee e internazionali, con un chiaro progetto politico ed economico. Gli aspetti di marketing del movimento sfruttano concetti quali libertà e piacere per sovvertire l’ordine del mondo col fine del profitto.

Se non compreso e arrestato in tempo questo progetto omosessualista porterà a uno sfacelo della società. Nel degrado e nella decadenza generalizzati dei costumi sussisterebbero, tra le altre, la pedofilia legalizzata e la generazione di uomini in provetta per il profitto delle multinazionali o per rendere tutti omosessuali.

Ma dove sono queste multinazionali? Forse non sapete che ci sono multinazionali che appoggiano movimenti estremisti e ultrareligiosi come le Sentinelle in piedi, vedi l’articolo.

Pontifex non è un blog cattolico

Riflessioni sulla circolazione delle notizie, attraverso l’informatizzazione, che prendono a pretesto un noto blog dall’altrettanto noto programma.

Sono innumerevoli le credenze circolanti. Figurarsi quelle sbagliate.
Impossibili da giudicare tali nel gioco circolare della commutabilità.
Oggi almeno, prima di lasciarsi accecare dalla luce della verità, molti trovano tradizionalmente giusto sospendere il giudizio e ponderare i propri pensieri da tassonomia giudicante, proprio come in passato erano soliti agire gli uomini più saggi. Per sfortuna il modo d’essere del larvatus prodeo ha messo in circolo il virus del relativismo. Si livellano i gradi diversi di un approssimarsi alla verità e non ci si può affatto difendere con una moralina andersiana. Ecco dunque che compare, sul bordo del vuoto delle coscienze, la libertà di parola dell’odio e, nel caso in questione, del cattofascista.

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Quello dei bloggers di Pontifex è un messaggio di speranza a ritroso; vorrebbero riportare un’ordine nel mondo secondo un modello escatologico-scaduto. A suffragio della secolarizzazione di tale modello teleologico che una moderna filosofia della storia ha tratto come suo esito necessario dalla fede biblica, si rimanda all’opera di Löwith, un pensatore di certo non schierato tra le file di una categoria antiquata più dell’uomo stesso: quella à sinistra. Insomma, tutti sanno che il cristianesimo contiene un certo messaggio ateo [Hegel e Lacan, VII].

Pontifex è l’emergere di una amoralità che si spaccia per cristiana-cattolica, ma che in realtà è figlia legittima delle correnti vitalistiche, derivanti a loro volta da profuse distorsioni e incomprensioni, alle quali occorrono veemenza, forza del risentimento e una velata e sotterranea maschera pietista per agire. Sulla base di queste considerazioni è possibile affermare che tutti sono cristiani tranne i bigotti –con significato esteso– per i quali il messaggio è talmente travisato/stravisto da non essere affatto afferrato e compreso e dunque si escludono i cattofascisti, che del bigottismo ne fanno uno strumento teorico d’indagine. Allora si dice: Pontifex non è un blog cristiano-cattolico.
Se poi si volesse arditamente proseguire, l’esito sarebbe piuttosto sconsiderato e ilare e sbagliato. I bigotti non sono sono cristiani, tutti i cristiani sono bigotti, i cristiani non sono cristiani.

Inutile riconsiderare quanto supponenti siano le loro affermazioni sulle questioni che riguardano la natura delle cose e del mondo:
il sole si muove per noi, allora l’eliocentrismo è innaturale per i sensi.
Il creazionismo non può essere confutato, l’evoluzionismo sì.
La donna segue l’uomo.
Il testo sacro è sacro perché è sacro.
L’omosessualità è una depravazione o, anche, gli omosessuali sono pedofili (mancanza di nozioni di insiemistica).

E via dicendo, solo se la via è nel dicendo del signore.

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Sfruttando il, ancora una volta, cartesiano parametro dell’evidenza, affermano l’evidentissima necessità naturale delle cose, perciò l’eterosessualità, perciò la famiglia. Chiunque sia riuscito a seguire un loro discorso fino alla fine, vorrà rimettere apposto il biologismo ed eventuali donne che staccano la testa del compagno dopo avervici copulato.
Infatti la depravazione più grande del nostro tempo è di sicuro quella intellettuale e Pontifex, che vive di critiche come questa, vi contribuisce giorno per giorno.
È doveroso anche un ringraziamento, perché dopotutto le catene di banalità sono difficili da spezzare quando sono difese con forza e bisogna impegnarsi un poco per riuscirci abbandonando magari attività differenti come l’intrattenersi con video di presentatori che, per loro profitto personale, cercano appositamente casi umani da sottoporre al pubblico modaiolo ludibrio. Grazie a Pontifex può capitare che si rinunci al traviamento culturale. Ma dovremmo smetterla con l’aggrapparci ai mali minori.

Conosci, comprendi, costruisci!

Conosci te stesso. Comprendi il mercato. Costruisci il tuo futuro.

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Il Progetto Lab Inn 2.0 (laboratiorio innovazione) vuole essere un’opportunità concreta di valorizzazione dei giovani del territorio e prevede l’attuazione di iniziative per facilitarne l’ingresso nel mondo del lavoro e dell’imprenditoria. Prevede finanziamenti agevolati, bonus sugli acquisti, supporto e tutoraggio professionale per l’analisi dell’idea di impresa e della situazione del mercato.

Lab Inn 2.0 comprende due tipi di partecipazione, una prima incentrata su un percorso di formazione e bilancio delle competenze personali, una seconda rivolta a chi vuole elaborare una propria idea d’impresa, o ha già le idee chiare ed ha bisogno di un finanziamento per cominciare. Si può partecipare sia al percorso formativo, sia al concorso per startup, o solo ad uno di questi due percorsi.

Tutte le informazioni di cui hai bisogno sul LabInn 2.0, le trovi sul sito www.labinn20.it Puoi partecipare al Lab Inn 2.0 se hai tra i 18 e i 35 anni, e se risiedi in uno dei territori di competenza dei promotori. I requisiti dettagliati sono elencati nel Bando.

L’evento lancio si terrà Venerdì 10 gennaio 2014 alle 18.30 all’Enoteca Veneta in via Giovanni Dalmasso 12, Conegliano.

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Lab Inn è possibile grazie alle collaborazioni con Banca della Marca, Confartigianato Conegliano, Artigianato Trevigiano, Consorzi Veneto Garanzie e Cofitre, Rotary Club Conegliano-Vittorio Veneto e i 12 comuni del coneglianese: Codognè, Conegliano, Gaiarine, Godega di Sant’Urbano, Mareno di piave, Orsago, San Fior, Santa Lucia di Piave, San Pietro di Feletto, San Vendemmiano, Susegana, Vazzola.

Del suicidio di un ragazzo omosessuale

Un’identità scevra di appartenenze non ha bisogno di rispondere alla domanda nevrotica del: chi sono.

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Qual è il nodo problematico fondamentale di una cattiveria troppo umana e troppo poco trasvalutata che spinge al suicidio giovani omosessuali, o altri esasperati come questi? Dove si può individuare l’essenza di ciò, l’essenza di questa cattiveria? Nello spirito di appartenenza.

Si tratta di un’essenza non come “cosa in sé”, ma in un’ottica a noi contemporanea di debolezza non relativizzata, secondo un parziale punto di vista che la considera come una matrice, come elemento chiave, ingranaggio, nodo concettuale, polo di concentrazione delle intensità, stella. E la cattiveria non è niente di moralistico, ma soltanto qualcosa di osservato.

È da un comune senso di appartenenza che abbiamo avuto ordini, gerarchie, classi, così come, estendendo il concetto si potrebbero annoverare come effetti anche le tassonomie ossessive, definizioni, dizionari, lezioni e spiegazioni.

Chiunque stabilisca che la sua identità si rifà ad una appartenenza deve costruire qualcosa di eteronomo e dichiaratamente assolutista. Il terrorista propone verità con la maiuscola. Una identità debole ossia adattabile e non furiosa, non occludente e bigotta –l’esempio dell’omofobo medio–, non ha bisogno di rispondere alla domanda nevrotica del: chi sono.

Gavage di talento

Si va dallo spiare voyeuristico specificità fisiche e morali di macchiette realistiche, al talento di apparire ricolmi di talento.

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«Gli spettatori non trovano quello che desiderano, ma desiderano quello che trovano.» [Guy Debord, La Réfutation]

«Il motivo per cui guardo Italia’s Got Talent è che in una puntata di solito il novanta per cento dei concorrenti è senza talento. Fa ridere.» [Mia Sorella]

Shinee Lucifer

In un mondo spiegato in termini numerici statistici e di auditel, cresce l’interesse per il talent-show.

È moda di sicuro, ma anche modo in cui l’interesse degli spettatori è piegato, ritorto all’interno delle solite logiche.
Inoltre la forma del reality a ben vedere non è cancellata da quei programmi che consideriamo distinti dal reality show solo perché si concentrano sul talento.

Negli ultimi tempi lo schermo propone e si propone come realtà del concorrente comune, che in realtà non è così comune. Si guarda insomma a una realtà talentuosa. Nel frattempo il talento non è affatto esploso, è stato propinato con costanza in dosaggi ridotti ma neanche –si pensi a San Remo, Chi Vuol Essere Milionario, Miss Italia– che ora sono aumentati rispondendo con purezza e sacralità a logiche di marketing.

Quello che si fa è ridere dell’assenza di talento e ammirarne la presenza, ma il talento –che non è un merito– è scoraggiante. E anche del merito diremo che definirlo tale è relativo al contesto. Quale merito non è un talento? Con Miss Italia la critica è facile, si tratta del merito di non avere meriti.

Si consideri talento la capacità di irretire la massa o parte di essa, una capacità può essere talento solo se viene riconosciuta. Perciò i talenti non si scoprono, si riconoscono. Si scoprono le qualità che funzionano meglio in un periodo, in un segmento spaziale, temporale, culturale, ambientale, sociale, insomma vari fattori ma specifici tra AB.
Migliaia di Edith Piaf hanno cantato per le vie di Parigi. Ora sono tutte morte tranne una.

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Che “la fortuna la si crei” è romanticheria, di fatto famiglia, appartenenza, pubblicità, apparenza, slogan, presenza personale, creano un contenuto che sarà a discapito di altri in termini di promozione, ma non possiamo giudicare i contenuti scartati rispetto a quelli ben mediati come superiori perché il metro di giudizio è stato relativizzato. Nel caso del talento, il riconoscimento pubblico è tutto.
Perciò il talent-show per riconoscere talenti dev’essere visto e apprezzato.
Il riconoscimento pubblico è un buon strumento di valutazione? Nessun fan di una POPular-star risponderebbe con una negazione.

In fin dei conti questo non-merito spiattellato in televisione è una spavalderia che fa bene, che genera buon umore.
Dato che –non le masse– ma lo stesso singolo preso da solo, figlio dell’uomo-massa baudelairiano, territorializzato sul divano dimensione neo-borghese, non pensa, introietta, è da dire che quando la performance va bene, allora è vero che è una buona performance. Non è la performance soggetta a giudizio, l’analisi è al giudizio e il giudizio è fonte di verità.

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Perciò il talento come nozione è sacra. La considerazione principale percorre sia le olimpiadi sia ventiquattr’ore in sala parto. In fin dei conti, che tu sia un detrattore o un promotore del medium non ha importanza perché ora «il vero è un momento del falso».
Sono una finta esplosione di vita e la vita è presupposto totale, divino. Spingendo il tubo dentro la gola che ingozza l’oca, il gavage sfrutta la compulsione a nutrirsi e gli allevatori possono produrre il foie gras.

Ad essere sfondati sono il limite dell’intelligenza e quello della stupidità. Ma non è un male che i limiti tendando a spostarsi neutralizzandosi tra loro, commutandosi vicendevolmente, facendo il giro.

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Esistono poi altri talenti oltre a quelli mediati-mediatici, che sono sì mediatizzabili, ma che preferiscono mantenere un basso profilo. Il talento di arricchirsi generando orde di poveri alle proprie spalle. Il talento di moralisticheggiare sulla timeline di facebook per riempire la propria vita. Il talento di far sentire inferiori le persone che ti circondano basandosi ingenuamente su una fortuna che è più un caso.